Fino al 15 luglio, un editoriale in tre puntate del medico Luciano Griso, responsabile del progetto di assistenza sanitaria ai migranti Medical Hope, parla di Siria. Oggi il commento all’articolo del Lancet, prestigiosa rivista medica inglese, che richiama l’attenzione sulle conseguenze rovinose che le sanzioni europee potrebbero determinare sulla popolazione civile siriana se si sommassero agli effetti Coronavirus.
Roma (NEV), 14 luglio 2020 – Il medico Luciano Griso, responsabile di Medical Hope (che nell’ambito di Mediterranean Hope, programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – FCEI -, fornisce assistenza sanitaria ai migranti) ci aggiorna sulla situazione sociale e sanitaria in Siria in tre puntate.
Nella prima parte del suo approfondimento, intitolata “Ne uccidono di più le sanzioni della Guerra”, Griso ha fatto una sorta di panoramica delle sanzioni che hanno colpito e colpiscono la popolazione siriana, dall’inizio della guerra a oggi.
In questa seconda parte, Luciano Griso commenta e riprende quanto sottolineato dall’autorevole rivista medica Lancet sulle conseguenze delle sanzioni europee in Siria, dove il sistema sanitario è quasi al collasso e migliaia di medici e operatori sanitari sono stati uccisi o si sono rifugiati all’estero.
Prende spunto da questa situazione un editoriale dal titolo “EU Guidance impedes humanitarian action to prevent COVID-19 in Syria” pubblicato da Lancet – la prestigiosa rivista medica inglese che più volte in passato è intervenuta sugli effetti devastanti della guerra in Siria – per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica europea sulle conseguenze rovinose che le sanzioni comminate dall’Europa potrebbero determinare sulla popolazione civile siriana se si sommassero agli effetti della pandemia da Coronavirus tuttora in corso.
Siamo di fronte ad un intervento autorevole, forte e motivato che richiama i leaders europei e la politica estera della UE a guardare con onestà e realismo, al di là delle ipocrisie e delle ideologie, le sofferenze alle quali – col perpetuare le sanzioni economiche – essi stanno sottoponendo la popolazione civile.
Intendiamoci, certamente le sanzioni, in linea di principio, avrebbero una condivisibile motivazione qualora il loro unico scopo fosse davvero quello di impedire alle parti belligeranti di rifornirsi di armamenti in modo da impedire loro di continuare in tal modo le azioni militari. Ma con tutta evidenza le cose non stanno così. Le forniture di armi ai combattenti sono continuate negli anni senza soluzione di continuità, mentre si sono completamente interrotte le transazioni commerciali dei generi di prima necessità e di quelli indispensabili alla vita di un Paese civile (sanità, energia, istruzione etc.)
Lancet ci ricorda come, prima della guerra, la Siria godesse di un apprezzabile status economico e si fosse dotata di un sistema sanitario pubblico tra i migliori del Medio Oriente, e come nel Paese la vita media della popolazione si avvicinasse, ancor meglio che negli USA, agli 80 anni (e invece fosse crollata dopo cinque anni di conflitto a 59 anni), il tasso di vaccinazione dei bambini fosse altissimo, la polio fosse stata eradicata, il personale medico (formato in buona parte in Francia, Regno Unito ed Unione Sovietica) avesse un buon livello di preparazione.
Nulla di tutto ciò è rimasto in piedi dopo dieci anni di conflitto. Circa il 70% dei medici e del personale sanitario si è rifugiato all’estero; qualche migliaio ha trovato la morte nei bombardamenti cui il regime siriano e le forze jihadiste hanno sottoposto le strutture sanitarie – considerate un obiettivo primario per fiaccare la resistenza dell’avversario – o è stato sottoposto a tortura o assassinato in quanto considerato nemico a causa del compito svolto nel settore avversario (azioni, queste, considerate crimini di guerra dalla legislazione internazionale); metà delle strutture sanitarie sono state distrutte (secondo i dati OMS, dei 111 ospedali pubblici solo 58 sono pienamente funzionanti); poiché le sanzioni impediscono alle aziende farmaceutiche di rifornire il Paese, i farmaci mancano e devono essere importati dall’Iran e dall’India, ma, essendo di scarsa qualità, hanno enormi ricadute negative sulla qualità delle cure, particolarmente nelle patologie neoplastiche; mancano i software e la possibilità di ricambio/ammodernamento per le apparecchiature mediche, i laboratori sono privi di reattivi, non vi sono possibilità di aggiornamento per il personale sanitario.
Luciano Griso
[continua…]