Roma (NEV), 12 novembre 2019 – Altro che “decreti sicurezza”, in Italia servirebbe una “operazione legalità” per l’emersione dei lavoratori stranieri irregolari e costretti al lavoro nero.
La richiesta è contenuta in una proposta di legge di iniziativa popolare attualmente all’esame della Commissione Affari costituzionali della Camera. Prevede un meccanismo di regolarizzazione su base individuale a fronte di un contratto di lavoro, con il rilascio di un permesso di soggiorno per comprovata integrazione, ed è stata avanzata oggi, martedì 12 novembre, dai rappresentanti della campagna “Ero straniero”, a Montecitorio, proprio nei giorni in cui in Parlamento si discute della prossima manovra finanziaria.
"Il sistema di ingresso in Italia attraverso le quote è oggi insufficiente e non risponde alle necessità". Giulia Gori, @Medhope_FCEI. Per questo il Parlamento deve discutere la nostra pdl #EroStraniero ed inserire la proposta #operazionelegalità nella nuova legge di bilancio! pic.twitter.com/ZISOS5BYnN
— Ero Straniero – L'umanità che fa bene (@Ero_Straniero) November 12, 2019
Punto di partenza della proposta avanzata dalla rete che nel 2017 raccolse 90mila firme contro la legge Bossi-Fini è il contrasto all’irregolarità. Secondo l’ultimo Dossier statistico immigrazione di Idos and Confronti entro il 2020 i migranti “irregolari”, che quindi rischiano di finire nelle maglie del lavoro nero, schiavizzati e sostanzialmente senza diritti, in Italia saranno 670mila. “Con un provvedimento di emersione dal nero e regolarizzazione entrerebbero almeno un miliardo di euro per lo Stato, ogni anno – dichiarano i promotori dell’iniziativa – . Considerando l’emersione per 400mila persone, si avrebbe a regime una entrata di 2232 euro l’anno a persona”.
Giulia Gori della FCEI ha spiegato come “nel 2018 il 67 per cento delle persone che hanno presentato domanda d’asilo ha ricevuto un diniego”. Molte di queste persone iniziano a lavorare ma, a causa delle normative vigenti e dei suddetti dinieghi che ricevono dalle istituzioni, si trovano a “scivolare nell’irregolarità”. “Chi ci guadagna da questo sistema, da questo paradigma? – ha aggiunto Giulia Gori nel corso dell’incontro con la stampa (qui sotto il video integrale del suo intervento) – . Non certo le aziende che avevano investito su questi lavoratori, li avevano formati e che si trovano a non poter contare su questi lavoratori, tanto meno non le persone, che si ritrovano come fantasmi senza diritti né doveri su questo territorio, né la società italiana perchè si crea una distorsione che incentiva il lavoro sommerso, che è già una piaga di questo paese, ci fa perdere il contributo alla crescita del Pil che questi lavoratori avrebbero dato con le tasse e con i contributi, e crea un problema di sicurezza sociale”.
Contro il lavoro nero, l’evasione fiscale che esso comporta e per la regolarizzazione di chi già lavora non solo attivisti e Ong ma anche imprenditori. Per Renzo Sartori, presidente di Number 1 Logistics Group di Parma, azienda “da 4500 dipendenti di cui la metà immigrati”, intervenuto alla conferenza stampa odierna: “Quello attuale è un sistema sbagliato che non permette di portare a compimento il percorso di integrazione intrapreso da tanti richiedenti asilo in Italia. La storia di Victory, un giovane nigeriano la cui storia è stata ripresa pochi giorni fa da Avvenire, è emblematica: dopo essere stato formato e aver lavorato all’interno dell’azienda nell’ambito di un progetto di inclusione lavorativa, ora non può più farlo, avendo ottenuto una risposta negativa alla richiesta di asilo. Si ritrova senza documenti, costretto a vivere illegalmente in Italia pur avendo un’azienda che vuole assumerlo e può assicurargli un futuro. Ci sentiamo un po’ soli e impotenti di fronte a queste situazioni – ha concluso l’imprenditore – ed è un problema, perchè per noi il caporalato e lo sfruttamento dei lavoratori sono una vera piaga e pensiamo sia fondamentale promuovere la dignità del lavoro”.
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