Roma (NEV/Agenzia Stampa Nev), 24 settembre 2024 – Abbiamo raccolto alcune voci dalle chiese protestanti in Italia sul tema dei diritti di cittadinanza. In questo momento segnato dalla raccolta firme per il referendum, dai vertici delle chiese battiste, metodiste, valdesi, luterane e dell’Esercito della Salvezza, emerge un impegno condiviso nel riconoscere il valore dell’inclusione e della giustizia sociale, con particolare attenzione ai diritti dei minori residenti in Italia. In un paese che continua a dibattere sulle modalità di accesso alla cittadinanza, le comunità protestanti riaffermano la loro storica vocazione alla difesa dei diritti umani, auspicando una riforma che garantisca maggiore equità e dignità per tutti i giovani che considerano l’Italia la propria casa.
Estendere la cittadinanza a chi vive stabilmente nel nostro paese non è una concessione bonaria o un avventato cedimento, ma un interesse della nazione se essa è, come la nostra, una repubblica democratica, costituzionale parlamentare. Una simile repubblica non può accettare che vi siano abitanti relegati alla subordinazione, alla marginalità quando non alla emarginazione, ma necessita di cittadini ugualmente liberi, con gli stessi diritti e gli stessi doveri. Estendere la cittadinanza è dunque una problematica tipicamente liberale e c’è da auspicarsi che venga così compresa trasversalmente agli schieramenti partitici.
Vivere in un Paese che fatica ad accoglierti come suo cittadino deve essere molto triste. Forse hai un alloggio, dei bravi vicini, un buon lavoro, una scuola per i tuoi figli, un medico, ma non sei mai veramente “a casa”.
“Fui straniero e mi accoglieste” (Matteo 25:35). Se Gesù, al suo tempo, ha usato i verbi al passato, vuol dire che oggi avremmo già dovuto imparare e praticare cosa sia l’accoglienza …
Non dimenticate l’ospitalità; perché alcuni praticandola, senza saperlo hanno ospitato angeli (Ebrei 13:2) Quando dimentichiamo di accogliere stiamo perdendo un’occasione. Quando rifiutiamo di accogliere, o rendiamo le barriere dell’accoglienza troppo difficili da superare, stiamo mancando come cristiani.
Manca ancora la soluzione complessiva per una questione che riguarda tutte e tutti, ma è un importante segnale da parte degli italiani e delle italiane che credono che le regole per ottenere la cittadinanza dovrebbero essere in favore di chi si sente parte di questo paese, ne condivide il destino, contribuisce a costruirlo.
Il diritto alla cittadinanza è un passo fondamentale per consentire a persone che sono nate e vivono in Italia di accedere pienamente al loro status di cittadini. Per noi luterani il principio di allargamento della cittadinanza risponde ad un preciso tema biblico: allargare i paletti della tenda (Isaia 54, 2). Cioè rendere la terra che tutti e tutte ci accoglie come il luogo dove tutti e tutte stiamo e in pace viviamo. Martin Lutero sosteneva che le leggi sono destinate a finire, ma le coscienze hanno una durata più lunga (Das Recht ist ein zeitlich Ding, das zulezt aufhören muß, aber das Gewissen ist ein ewig Ding, das nimmermehr stirbt). Ecco, come luterani in Italia pensiamo che i tempi siano più che maturi per cambiare la legge sulla cittadinanza. Non farlo, o astenerci dal farlo, o, più semplicemente, attendere in silenzio, renderebbe un cattivo servizio alla nostra coscienza di cristiani. Pertanto, proprio come risposta evangelica e luterana pensiamo sia opportuno firmare e sostenere questo Referendum.
Sono pastore di chiese nelle quali ci sono donne e uomini arrivati in Italia in tempi diversi, da paesi diversi e con storie diverse: per tutti è stato fondamentale ed è fondamentale acquisire il diritto di cittadinanza.
Firmare questo referendum serve a garantire i diritti di cittadinanza a chi vive, lavora e studia nel nostro Paese. È una questione di giustizia e uguaglianza, che va oltre ogni appartenenza politica o religiosa e mira a riconoscere quello che già siamo: un’umanità che si sposta, un Paese variegato e inclusivo.
Nella recente Assemblea Generale abbiamo rinnovato il nostro patto con le Chiese battiste dello Zimbabwe che aiutiamo con molti progetti umanitari. Inoltre, abbiamo in programma di verificare la possibilità di costruire un progetto analogo con le chiese battiste Cubane.
Non si tratta però solo di aiutarli a casa loro, piuttosto di garantire a tutte e a tutti di vivere dignitosamente dove il Signore li chiama: sia nei paesi di provenienza sia nel nostro. Ecco perché è necessario aprirci a una cittadinanza condivisa.
Alessandra Trotta (Moderatora della Tavola valdese)
Il convinto incoraggiamento a supportare questo referendum, che mira a dimezzare i tempi per ottenere la cittadinanza per residenti di lungo periodo che soddisfino precisi requisiti economici, non toglie nulla all’urgenza di una riforma più ampia, che (come auspicato dal sinodo delle nostre chiese) ampli il più possibile – ad esempio secondo il modello dello ius scholae – il diritto proprio dei minori figli di migranti di conseguire la piena cittadinanza nel nostro Paese, a prescindere dalla condizione dei propri genitori. Non si tratta di un favore, neppure solo di un atto di giustizia, ma di beneficiare l’intero Paese, includendo il più rapidamente possibile nel patto di cittadinanza, che fonda diritti e doveri e chiama a mettere responsabilmente i propri talenti al servizio del bene comune, dei giovani che nei loro percorsi esistenziali hanno dovuto vivere la tensione, ma anche la ricchezza di molteplici appartenenze, da cui hanno acquisito l’attrezzatura di intelligenza ed energia creativa per affrontare le complessità di una società sempre più plurale. E’ quanto da decenni sperimentiamo all’interno delle nostre chiese che hanno sposato con convinzione un modello di piena integrazione.