Roma (NEV), 2 dicembre 2021 – Un nuovo modello di accoglienza, “dal basso”, partecipativo, in cui siano i cittadini, la comunità, a farsi carico della solidarietà e della possibilità di integrare le persone migranti. Lo propone la Federazione delle chiese evangeliche in Italia con la Ong Oxfam Italia, che, sull’esempio di quanto già accade in Canada e nel solco di quanto già fatto in Italia coi corridoi umanitari, hanno lanciato l’idea della “community sponsorship”.
Di che si tratta? “Il Canada ha fatto scuola in questo campo, avendo iniziato programmi di questo tipo nel 1979, per rispondere alla situazione delle boat people vietnamite – spiegano i promotori -. Nel passato più recente, la crisi siriana ha spinto vari paesi a costruire l’architettura necessaria a sostenere simili programmi. In Canada, il sistema della community sponsorship è particolarmente ben strutturato, è stato istituito uno specifico dipartimento ministeriale che accredita e monitora il lavoro degli sponsor. L’approccio canadese è fondato sul principio di trasparenza e di accountability. Risultato? Il 70% dei rifugiati sponsorizzati riescono a raggiungere un reddito stabile nell’arco di cinque anni dal loro arrivo e, dopo ulteriori quindici anni, riescono ad avere un reddito medio superiore a quello della media canadese. Il beneficio economico e sociale di una tale esperienza, sia per chi accoglie che per chi è accolto, è evidente”.
In Italia, sulla scorta dell’esperienza dei corridoi umanitari, che la FCEI realizza con S.Egidio e Tavola valdese dal 2016, potrebbero far parte del progetto della community sponsorship persone con bisogni di protezione, che ricadono sotto mandato UNHCR. Il governo, tramite le proprie rappresentanze diplomatiche nei paesi di partenza, effettuerebbe le verifiche di sicurezza e rilascerebbe i visti umanitari, autorizzando l’ingresso dei beneficiari. Una volta sul territorio italiano, la domanda di protezione internazionale.
Chi potrà svolgere il ruolo di sponsor? In linea teorica, tutti, o meglio: privati, organizzati in gruppi di minimo 5 persone, organizzazioni no profit quali associazioni, fondazioni, cooperative, istituzioni religiose, università, aziende, sindacati e associazioni di categoria, enti locali, comuni e/o gruppi di comuni.
Per un periodo di almeno un anno, lo sponsor dovrà provvedere alla ricerca dell’alloggio, alle spese di vitto e alloggio, supportare l’integrazione del beneficiario fornendo sostegno socio-emotivo e di comunità, facilitare l’accesso ad una serie di servizi “base” (pratiche burocratiche, orientamento ai servizi, iscrizione scolastica); offrire opportunità di apprendimento della lingua del paese ospitante; assicurare servizi specializzati (supporto legale, supporto psicologico, orientamento al lavoro).
L’ente capofila di progetti di sponsorship si relazionerà con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri per gli aspetti procedurali e organizzativi; selezionerà e recluterà gli sponsor; coordinerà, formerà e supporterà la rete degli sponsor; svolgerà attività di monitoraggio e assessment dell’operato degli sponsor.
I migranti accolti avranno accesso al sistema educativo pubblico di istruzione e formazione, ai servizi pubblici per l’impiego, ai servizi pubblici per apprendimento lingua italiana, alle prestazioni a sostegno del reddito, avranno diritto all’iscrizione gratuita al servizio sanitario nazionale.
Il meccanismo di finanziamento sarà misto pubblico/privato e potrà contare sul supporto di donazioni private, crowdfunding e fondi pubblici già esistenti.
In questo momento l’introduzione delle community sponsorship è prevista da un emendamento all’articolo 129 bis della legge di bilancio, presentata dal senatore Pd Tommaso Nannicini. Il testo chiede un “incremento ulteriore di 1 milione di euro della dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo”. Il disegno di legge di bilancio 2022 va approvato definitivamente entro il 31 dicembre; attualmente è fermo in Senato, dove è stato presentato lo scorso 12 novembre. Oltre 6mila gli emendamenti proposti alla manovra, tra i quali il citato riferimento alla community sponsorship.
“La recente crisi afghana ha dimostrato ancora una volta quanto la società civile in Italia sia desiderosa e pronta ad attivarsi – concludono i promotori dell’iniziative – e offrire il proprio contributo in materia di migrazione, accoglienza ed inclusione. Si tratta di un potenziale di incredibile valore che, se inserito all’interno di un modello organico e di un sistema di governance, potrebbe permettere di incrementare le opportunità di ingresso per le persone con bisogni di protezione grazie al coinvolgimento diretto delle comunità e dei cittadini.
Il sistema della community sponsorship può rappresentare un modello accessibile, disciplinato e sostenibile per offrire ulteriori opportunità di ingresso protetto e per contribuire a sostenere gli sforzi del governo nel rispondere in modo efficace ed agile a bisogni di protezione crescenti e, come nel caso della recente evacuazione dall’Afghanistan, potenzialmente improvvisi o emergenziali. Il nostro obiettivo è mettere a sistema questo modello, rendendolo istituzionale”.
Per approfondire: articolo di Redattore sociale, “E se fossero i cittadini ad organizzare i corridoi umanitari (e l’accoglienza)?”