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Roma (NEV), 12 maggio 2021 – Una lettera da parte di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, ai partner europei, cioè alle chiese protestanti dei vari Paesi UE e alle realtà con cui collabora in tutto il continente.
Qui il testo della missiva, inviata questa mattina e firmata dal presidente della FCEI, il pastore Luca Maria Negro, e dal coordinatore di Mediterranean Hope, Paolo Naso:
“Cari fratelli e sorelle,
in queste ore l’Europa sta morendo a Lampedusa, la piccola isola del Mediterraneo dove in un paio di giorni sono arrivati oltre 2.000 migranti e rifugiati. Questa non è una notizia dell’ultima ora; è già successo. Quello a cui abbiamo assistito al molo, accogliendo e assistendo chi arrivava, è che molti di loro sono rimasti feriti, maltrattati, c’erano donne incinte, alcune persone incapaci di reggersi in piedi. Tra loro anche tanti bambini; alcuni piangevano per parenti che avevano perso la vita cercando di attraversare un mare che, invece di speranza e redenzione, portava disperazione e morte.
Alcuni di voi ci sono venuti a trovare a Lampedusa e ricorderanno lo spazio limitato in banchina: immaginate centinaia di persone lì, per ore, senza wc, moralmente e fisicamente distrutte. Il nostro team, molti funzionari pubblici e altri volontari hanno fatto un ottimo lavoro, cercando di aiutare tutti in una situazione resa ancora più complicata dalla pandemia. Ora i migranti sono stati ospitati nel cosiddetto hot spot e molti di loro dormiranno senza letto o cuscino.
Dov’è l’Europa in questo quadro? Sapete che in molte occasioni abbiamo espresso critiche e preoccupazione per la strategia e l’atteggiamento del governo italiano anche in relazione alle procedure di accoglienza e ospitalità. Oggi, tuttavia, riteniamo fondamentale fare appello alle istituzioni e ai partner europei perché, anche se banale, dobbiamo affermare che Lampedusa è l’Europa; che i migranti nell’hotspot non sono italiani ma europei e che sfidano le politiche e la moralità europee. Sebbene riconosciamo che non sta accadendo solo a Lampedusa ma anche a Lesbo e in altri luoghi, il fatto che le tragedie siano molteplici non riduce l’impatto o il peso di una singola tragedia.
Siamo consapevoli che condividete la nostra preoccupazione e in molte situazioni avete espresso concreta solidarietà per il nostro lavoro. Nello spirito della comune visione di fede che abbiamo, vi preghiamo di prendere posizione davanti ai vostri governi per appellarli ad “agire per Lampedusa”. Molte sono le politiche che possono essere adottate per aiutare i migranti: l’apertura di corridoi umanitari, come hanno già fatto le chiese italiana, francese, belga e tedesca in collaborazione con i loro governi; un aumento delle quote nazionali per il reinsediamento nel quadro del Global Compact delle Nazioni Unite sui rifugiati e della strategia triennale sul reinsediamento e sui percorsi complementari; la moltiplicazione delle ricollocazioni dall’Italia e da altri paesi più esposti; sostenendo un piano d’azione organico dell’UE che consideri la migrazione globale non come un’emergenza ma come un processo normale e a lungo termine che richiede strategie di cooperazione, integrazione e inclusione sociale.
Come dirigenti della Chiesa avete l’autorità morale per sollevare una questione umanitaria, anche se politicamente controversa. Infatti, agiamo perché siamo mossi dal messaggio cristiano di amore, compassione e giustizia che, con i pochi strumenti a nostra disposizione, abbiamo cercato di testimoniare sul molo di Lampedusa.
Possa Dio benedire voi, le vostre chiese e organismi ecumenici e le nostre sorelle e fratelli che attraversano il Mar Mediterraneo”.