Roma (NEV CS/40), 6 ottobre 2020 – “Un tratto decisamente positivo del nuovo decreto – dichiara Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – è il fatto che rispetto ai precedenti, a firma dell’allora ministro Matteo Salvini, è orientato a favorire percorsi di regolarizzazione e contrasta, al contrario, la marginalità sociale e l’invisibilità legale dei migranti e dei richiedenti asilo.
Doveroso, a riguardo, l’allargamento delle forme di protezione e il richiamo alla varietà dei permessi ingresso in Italia, così come la convertibilità dei permessi di soggiorno.
Opportuno anche il ripristino di un sistema di accoglienza e integrazione strutturato in due fasi, prima e seconda accoglienza, e intenzionalmente mirato alla inclusione sociale. Tra gli effetti dei vecchi decreti infatti vi era la sostanziale cancellazione dei programmi di integrazione dei migranti. Un errore gravissimo perché è evidente che il soggiorno in Italia dei migranti e richiedenti asilo deve favorire l’integrazione, l’apprendimento della lingua e la conoscenza delle leggi fondamentali del nostro ordinamento.
Passi avanti anche relativamente al soccorso in mare perché viene ribadito il divieto dei respingimenti ma resta imprecisato e forse ambiguo il meccanismo di contatto con i paesi tenuti a garantire l’accoglienza. Non si precisa infatti quale debba essere il comportamento delle ONG di fronte al silenzio dei centri di coordinamento navale dei paesi tenuti ad accogliere i profughi, almeno al momento dello sbarco. Troppo spesso abbiamo registrato il silenzio o il rimpallo di responsabilità mentre a bordo si vivevano vere emergenze umanitarie. Chiediamo pertanto che questi aspetti vengano chiariti e precisati nel corso del dibattito parlamentare.
Ma come evangelici siamo consapevoli che, da solo, il cambiamento delle norme serve a poco se non cambiano la cultura e il sentire delle coscienze. Per troppo tempo l’immigrazione é stata vissuta e interpretata come una minaccia mentre è solo la sfida di fronte al collasso di un’enorme area geopolitica che ha bisogno di pace, investimenti di cooperazione e democrazia”.