Roma (NEV CS/75), 23 dicembre 2019 – Un appello per il diritto alla residenza dei lavoratori migranti impegnati in agricoltura. “Serve a tutelare integrazione, sicurezza e legalità”.
Lo lancia la Federazione delle chiese evangeliche in Italia che, attraverso Mediterranean Hope (MH) – Programma Rifugiati e Migranti, ha avviato un progetto nella piana di Gioia Tauro, dove migliaia di lavoratori agricoli immigrati vivono in condizioni precarie anche perché, pur disponendo di mezzi per affittare appartamenti in coabitazione, incontrano gravi difficoltà nell’ottenere residenza. “Questo ostacolo non ha fondamento giuridico e va rimosso – afferma Paolo Naso, coordinatore di MH – perché impedisce ogni seria possibilità di integrazione mentre, costringendo i migranti a vivere in baraccopoli improvvisate, crea isole di marginalità, umiliazione e insicurezza.
In questo quadro – prosegue Naso – chiediamo a tutte le istituzioni competenti di applicare la normativa rispetto al tema della residenza e del permesso di soggiorno, così come confermato anche da alcune recenti sentenze di tribunali che hanno ordinato l’iscrizione anagrafica degli stranieri muniti anche del solo permesso soggiorno richiedente asilo (provvisorio). Lo stesso appello lo rivolgiamo alle Prefetture ed agli organi competenti, perché applichino la legge nella prospettiva di favorire processi di integrazione e di combattere, al contrario, processi di degrado sociale che generano insicurezza sia per i migranti che per gli italiani. Secondo la normativa vigente l’iscrizione anagrafica – insiste Naso – è un diritto soggettivo che va garantito anche ai senza fissa dimora e ai richiedenti asilo”.
L’iscrizione anagrafica è infatti fondamentale, perché permette di avere la certificazione anagrafica e la carta d’identità, documenti che sono alla base di tutta una serie di altri diritti, come l’accesso alle misure di politica attiva del lavoro, la possibilità di ottenere una partita I.V.A. o una semplice certificazione ISEE o, ancora, la patente di guida.
“Al tempo stesso – prosegue Naso – ci appelliamo a Prefetture e Questure perché riconoscano che tale documento, o altro documento che dimostri la permanenza sul territorio, non è legalmente necessario né per l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, né per la presentazione di nuova domanda di protezione internazionale, né per il rilascio di un permesso di soggiorno provvisorio. Il rifiuto degli organi competenti al rilascio di un permesso di soggiorno provvisorio in mancanza di tali documenti priva i richiedenti asilo della possibilità di stipulare un regolare contratto di lavoro e, paradossalmente, di prendere in affitto una casa. Se si vuole davvero combattere l’illegalità – conclude Naso – occorre evitare che persone finiscano nel sommerso e non farli diventare fantasmi senza tutele”.