Sono le persone a pagare i costi più alti delle guerre, dei conflitti, delle dinamiche geopolitiche. Lo sostiene il pastore siriano Riad Jarjour, in Italia in questi giorni per alcuni incontri istituzionali e con rappresentanti delle Chiese evangeliche. In Libano il lavoro del Forum per lo sviluppo, la cultura e il dialogo, di cui è presidente, a favore dei rifugiati siriani, al fianco di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della FCEI.
Roma (NEV), 17 ottobre 2019 – Aiutare migliaia di rifugiati siriani, un numero sempre crescente e che l’escalation militare non potrà che far aumentare esponenzialmente: questo è il primo obiettivo ed impegno del pastore Riad Jarjour, siriano di Aleppo, cresciuto a Homs, presidente del Forum per lo sviluppo, la cultura e il dialogo (FDCD) di Beirut.
La situazione in tutta l’area è, ovviamente, sempre più drammatica. “Cerchiamo di aiutare le persone, gli sfollati (internally displaced people, idp, un acronimo per indicare persone sfollate, che non hanno varcato i confini del proprio paese, al contrario dei rifugiati, ma che sono per questo tra le categorie più vulnerabili, ndr) a sopravvivere, prima di tutto, e a vivere in condizioni dignitose, in dignità, in rifugi adeguati. E cerchiamo anche di aiutare la società siriana a ricostruirsi: perché con la guerra collassano i valori”. La guerra demolisce case, strade, villaggi, vite personali ma anche intere società, o quello che dovrebbe tenere insieme una società. Le Chiese, per tanto, secondo Jarjour, devono “portare fiducia tra la gente, creare percorsi di conciliazione tra le comunità promuovendo i valori dell’uguaglianza e della cittadinanza. E prevenire la violenza, gli estremismi religiosi”.
E in Europa, le chiese e la società civile cosa possono fare in questo momento? “Chiedere che al centro di tutte le trattative, di tutto, ci siano le persone, guardare la realtà dalla prospettiva delle persone. Perché sono loro, i popoli, a pagare il prezzo della guerra, il costo delle sanzioni che vengono imposte ai loro Stati”. “E continuare a supportare le voci della società civile siriana – aggiunge Mireille Hamouche, del FDCD – , condividere con azioni di advocacy in tutti i paesi europei quanto fatto dalle tante realtà della società civile siriana, che negli ultimi 7 anni era riuscita a ricostruire un tessuto molto attivo, a tornare, in quel contesto, a voler essere protagonista della vita del proprio Paese, della ricostruzione dopo la guerra”.
Con sede a Beirut, in Libano, il Forum per lo sviluppo, la cultura e il dialogo (FDCD) organizza seminari, conferenze e sessioni ad hoc, per implementare il dialogo sociale e la nonviolenza.
Fondato nel 2004, FDCD intende “raggiungere un mondo arabo illuminato, in cui opinioni politiche, etnie e religioni differenti siano incorporate in una cultura profondamente diversificata di pace e dialogo, rispettando e promuovendo i diritti di tutti i cittadini. Promuoviamo la costruzione della pace – si legge sul loro sito -, la parità di cittadinanza e i diritti umani nel mondo arabo, creando spazi comuni per il dialogo e sviluppando la capacità della comunità e dei gruppi della società civile di essere catalizzatori per la pace. Rispettiamo la dignità di ogni essere umano, valorizziamo la diversità delle culture nella regione, incoraggiamo il dialogo e la comprensione come mezzo per risolvere i conflitti e percepiamo la giustizia come valore alla base di una pace duratura”.