Roma (NEV), 31 gennaio 2018 – La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope, il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).
Amministratori locali, operatori sociali, accademici e politici provenienti da Italia, Serbia, Germania, Svezia, Norvegia, Malta, Grecia, Turchia, Libano, Giordania, Kenya – per citarne alcuni – si sono dati appuntamento a Vienna (Austria) per una due giorni di scambio e approfondimento sul tema “Costruire il futuro – coesione sociale nelle nostre città”. L’occasione era la quinta Conferenza internazionale dei Sindaci promossa da Act Now con il patrocinio del presidente austriaco Alexander Van der Bellen. Tra i temi più gettonati: la responsabilità della politica, l’importanza dello scambio di buone pratiche, la protezione dei diritti dei minori e dei migranti. Con la consapevolezza che quella della coesione sociale rappresenta una sfida quotidiana. Anzi, che nelle nostre società, sempre più frammentate, essa è seriamente a rischio. Si tratta di un “bene comune” che non solo va salvaguardato, ma incentivato e promosso.
Alla conferenza appena conclusasi a Vienna, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), ha presentato, quale modello di coesione sociale, il suo Programma rifugiati e migranti Mediterranean Hope, nonché il progetto dei “corridoi umanitari”, portato avanti da due anni.
Con l’arrivo, proprio ieri, all’aeroporto di Roma-Fiumicino dal Libano di 30 siriani, è stato inaugurato il “secondo protocollo” per altri mille profughi per il biennio 2018/19. Il progetto – che è ecumenicamente connotato perché promosso da protestanti e cattolici – in questi anni ha dimostrato essere un catalizzatore del “sentimento di comunità”, sia per chi viene accolto, sia per chi accoglie. Una buona pratica che si sta diffondendo in Europa, tant’è che sono stati istituiti anche in Francia che in Belgio. E, sembrerebbe, con gli stessi benefici.
In qualità di operatrice del coordinamento dell’accoglienza dei corridoi umanitari, Federica Brizi, intervenuta a Vienna nel panel relativo al “lavoro in rete” come strumento favorevole al consolidamento della coesione sociale a livello locale, regionale e internazionale, ha sottolineato: “Abbiamo portato l’esperienza maturata sul campo, focalizzandoci in particolare sull’aspetto ecumenico del progetto, sulla replicabilità del modello dei corridoi umanitari e dunque sull’importanza del fare networking, per noi da sempre obiettivo fondamentale. Saper fare rete, condividere esperienze e modelli, è una pratica preziosa. Se in Francia e in Belgio, insieme ai nostri partner della Comunità di Sant’Egidio, sono nate iniziative analoghe, lo dobbiamo senz’altro a questa capacità, anche ‘ecumenica’”.
Ed è proprio grazie ai contatti della FCEI con la “Rete dei Comuni solidali”, attiva soprattutto nel meridione sul fronte dell’accoglienza dei migranti, che è nata una collaborazione fruttuosa a beneficio di alcune famiglie siriane arrivate con i corridoi umanitari, ma anche a beneficio del Comune di Gioiosa Ionica, tra i più svantaggiati della Calabria, anche a causa di un lento e inesorabile spopolamento. A Vienna, a portare la sua testimonianza sull’apporto che possono avere i migranti in una realtà del genere, apporto anche in termini – appunto – di coesione sociale, è stato il vicesindaco di Gioiosa, Maurizio Zavaglia.
Condividere a tutti i livelli le buone pratiche al fine di renderle accessibili e disponibili ai più, garantendo il continuo trasferimento di conoscenze e competenze: è questo l’imperativo per il futuro, e per assicurare al meglio la coesione sociale, miglior antidoto ai crescenti fenomeni di xenofobia e razzismo.