Lampedusa, Agrigento (NEV), 18 gennaio 2017 – Oggi i rifugiati e i migranti nel mondo sono oltre 65 milioni, ciò significa che ogni 113 persone una tra queste è un richiedente asilo, sfollato interno o rifugiato. Nonostante la scarsità di statistiche ufficiali e complete, i dati pubblicati dal progetto “Missing Migrants”, dell’Organizzazione Mondiale sulle Migrazioni, rilevano che il numero dei morti e dispersi, nel solo Mar Mediterraneo, sta aumentando nel corso degli ultimi anni: circa 2.000 vittime nel 2011, 3.279 nel 2014, 3.770 morti nel 2015, fino a raggiungere nel 2016 un numero che va oltre le 5.000 vittime e già 219 nel 2017.
Oltre i numeri il migrante continua ad essere invisibile come persona portatrice di diritti e bisogni, non tanto perché non presente nei racconti proposti dai media, ma perché sempre raccontato come un protagonista passivo. Quello che per esempio rimarrà nelle nostre menti di questo fine settimana di un freddo gennaio a Lampedusa sono le centinaia di persone che, una ad una scendono dalle motovedette sulla banchina del Molo. I piedi scalzi, i corpi bagnati dal mare e dalla pioggia, il forte stato di ipotermia, le coperte termiche al vento. Due sacche contenenti due corpi, senza nome né identità che purtroppo scopriremo diventare tre.
Nelle ore seguenti riceviamo notizia di un nuovo naufragio avvenuto a circa 30 miglia dalle coste libiche che sembrerebbe aver coinvolto una grossa imbarcazione su cui viaggiavano centinaia di persone, solo otto i superstiti e quattro i corpi senza vita recuperati. Un ragazzo eritreo sopravvissuto racconta a Medici Senza Frontiere: “Siamo rimasti in acqua in balia delle onde per più di undici ore prima che arrivassero i soccorsi”. E’ nel continuo ripetersi di queste tragedie e nella generale assuefazione, che si svolgono oramai le vicende relative ai recuperi in mare e alle tante vittime delle frontiere. Non riusciamo a vedere l’uomo, la donna, il bambino, ma continuiamo a vedere la massa indistinta, “l’invasione”.
E’ per questo che seguitiamo a voler dare una voce a chi arriva, comunque, sull’isola. Negli ultimi mesi abbiamo organizzato momenti di commemorazione in occasione di nuove sepolture. Cerchiamo di raccogliere, dove possibile, informazioni valide a ricostruire le vicende delle persone, applicando anche targhe memoriali là dove assenti. In presenza di singoli visitatori e gruppi, italiani o stranieri, interessati alla storia di quanti attraversano il Mediterraneo e approdano a Lampedusa raccontiamo sempre le vicende e i nomi di chi è arrivato, comunque, sull’isola, affinché la memoria non vada perduta.