Arizona, USA, 20 marzo 2016 – Fuori dal finestrino il sole illumina questo deserto giallo, fatto di arbusti e canyon in lontananza. Sono le 8.00 del mattino, l’aria non è troppo calda ma lascia immaginare la temperatura che raggiungerà tra poche ore. I miei compagni di viaggio mi chiedono dell’Europa e di Lampedusa, mi chiedono dei migranti e delle frontiere, vogliono sapere cosa sto imparando in questo confine tra Stati Uniti e Messico e se ci sono somiglianze. Mentre la macchina percorre uno dei sentieri principali, ci viene incontro una persona camminando. Pensiamo a un cacciatore dato i vestiti che indossa, e Laurie, al volante, abbassa il finestrino per scambiare un saluto. In pochi istanti sentiamo la voce affannata, qualche parola in spagnolo, vediamo i pantaloni strappati sulla gamba sinistra e un cappuccio impolverato che nasconde il volto stanco e arso dal sole. Accostiamo immediatamente la macchina e forniamo l’assistenza prevista in questi casi dal gruppo umanitario dei Samaritans, che da anni opera nel deserto in Arizona. Diamo dell’acqua, del cibo, io ho anche una banana nello zaino e iniziamo a scambiare qualche parola con Hugo – vorrei usare il suo vero nome, ma ci basterà sapere che era quello di un valoroso combattente. Ci racconta con voce tremante e stanca, frastornato dalla felicità di averci incontrato e allo stesso tempo con la voglia di abbandonarsi a un pianto disperato, che cammina da quattro giorni e quattro notti da solo nel deserto. Ha perso il suo gruppo e non sa più cosa fare. È in viaggio da giorni, è in fuga dall’Honduras e cerca di raggiungere dei parenti che ce l’hanno fatta, lasciandosi alle spalle quelli che invece ha da poco perduto. Guardo i suoi occhi scuri e profondi e vedo il coraggio, la necessità, la determinazione e dopo qualche sorso di acqua anche la speranza. Non possiamo accompagnarti Hugo, la nostra risposta alla sfida che stai affrontando è un muro, un deserto reso arma e delle leggi che non ti vogliono. Mentre camminavi verso di noi il tuo passo era ancora deciso nonostante la paura e la disidratazione, però non ti sei nascosto. Dopo quattro giorni eri pronto a farti trovare da chiunque, compagni, polizia di frontiera o trafficanti. Un altro gruppo umanitario ti potrà offrire assistenza medica, diritto di ogni persona che viene trovata nel deserto, ma non molto altro. È comunque un passo in più lungo il tuo cammino. Ti abbraccio, e al tuo “Gracias” rispondo “Buena suerte – buona fortuna”.
“Humanitarian Aid is Never a Crime – l’aiuto umanitario non può essere un crimine”, dice il volantino dentro la macchina. E io penso che neanche tu, Hugo, puoi essere considerato un criminale solo per aver attraversato questa terra di speranza. Vorrei poter rispondere alla domanda della canzone di Ted Warmbrand, artista e attivista locale: “Who’s the criminal here – chi è il criminale qui?”. Abbiamo bisogno di costruire muri e nuovi nemici per giustificare i muri. E i nemici devono fare abbastanza paura, così li possiamo trasformare in criminali e negare loro ogni diritto. Parafrasando il testo della canzone: “Se devi lasciare la tua terra perché non hai altra possibilità, se devi lavorare, anche sfruttato, per dare da mangiare ai tuoi figli, se le leggi, le armi e la violenza ti mettono in fuga, puoi essere considerato un criminale? C’è chi ti aiuta e chi invece non ti fa passare e ti maltratta, chi è allora il criminale? Se la tua pelle non è bianca, sei un criminale? La paura e la speranza fanno di te un criminale? Io posso anche chiudere gli occhi e girarmi dall’altra parte, posso anche stare in silenzio e non dire niente, ma qualcuno oggi morirà nel mio deserto. Chi è allora il criminale?”.
Hugo, tu stai pagando il prezzo dei privilegi a cui noi non vogliamo rinunciare. La tua storia è quella di altre decine di migliaia di persone, volti che ho incontrato su un molo scesi da una barca o in un rifugio dopo la deportazione. Continuiamo a raccogliere storie, chiedendoci quanto queste frontiere ci stiano trasformando. Trasformano non solo chi le attraversa come unica possibilità ma anche noi che ci viviamo intorno, che le guardiamo da lontano o le sentiamo crescere dentro di noi.
Who’s the criminal here – Ted Warmbrand
If you have to leave your land
And you meet your match On the burning sand And someone lends a helping hand Who’s the criminal here?
Tell me who, tell me who, Who’s the criminal here? Tell me who, tell me who, Who’s the criminal here?
Borderman can’t let you through What’s a poor man gonna do? Businessman’s got work for you Who’s the criminal here?
Framing laws or aiming guns Keeps you down and on the run How will you feed your little ones? Who’s the criminal here?
|
When your skin is red or brown
Or black and blue On white man’s ground When your head is pierced With a thorny crown Who’s the criminal here?
Now I know how fear can leave you blind To the hopeful heart and the open mind But to make a crime out of being kind Who’s the criminal here?
I can shut my eyes and I can turn away And I can shut my mouth, nothing to say But if someone dies in our desert today Who’s the criminal here?
¿Dime quién, dime quien – quién es el criminal? ¿Dime quién, dime quién – quién es el criminal? |