Danni a strutture ospedaliere e alle reti elettriche, idrauliche e fognarie; picco di contagi da coronavirus e lockdown da domani; ospedali pieni. Nonostante tutto, la società civile si sta mobilitando in tutti i modi. L’aggiornamento dei nostri operatori di Mediterranean Hope (MH), servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, che in Libano sta fornendo aiuti e assistenza medica
Roma (NEV), 20 agosto 2020 – Si è aggravato ulteriormente il bilancio della drammatica esplosione dello scorso 4 agosto a Beirut. Le stime parlano di quasi 200 morti, 6.000 feriti, 170.000 case distrutte o danneggiate e 50.000 studenti che non possono rientrare nelle 120 scuole colpite (dati OCHA). Inoltre, a causa della distruzione, sono inagibili alcune strutture sanitarie e hanno perso il lavoro decine di migliaia di persone in diversi settori professionali. I danni alle reti elettriche, idrauliche e fognarie avranno un impatto a lungo termine, con le relative conseguenze per quanto riguarda l’approvvigionamento di acqua potabile e il sostentamento di migliaia di persone. Ad aggravare la situazione, l’aumento di contagi per il coronavirus, che ha indotto il governo a un blocco completo a partire dal 21 agosto, e fino al 6 settembre, per arginarne la diffusione. Il 17 agosto si sono registrati in Libano 456 nuovi casi di covid-19, prima volta che in un solo giorno si è raggiunto un numero così alto, portando il totale dei casi confermati a 9.336.
Gli aiuti umanitari continueranno anche durante il lockdown.
“La città è ancora provata – racconta Irene Vlad, operatrice a Beirut di Mediterranean Hope (MH), servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) –. I quartieri di Gemmayzeh e Geitawi sono completamente distrutti. C’è una enorme mobilitazione a livello della società civile.
La maggior parte dei giovani dei quartieri più colpiti dalle esplosioni sono attivissimi. Alcuni hanno preso le ferie dal lavoro per aiutare, altri continuano a lavorare ma fanno entrambe le cose. Hanno allestito diverse stazioni di soccorso nelle quali forniscono aiuto diretto alla popolazione più vulnerabile – continua Vlad –.
Ci sono ragazzi di Getawi che hanno utilizzato l’area di una pompa di benzina abbandonata, portando la luce, tavoli e altri materiali per creare un centro dove gli anziani e tutte le persone del quartiere possono recarsi per ottenere aiuto alimentare, pasti caldi, assistenza medica. Questa viene in qualche modo supportata anche dal nostro progetto Medical Hope.
È un posto dove i vari volontari che vanno in giro a riparare le case del quartiere possono fermarsi per un bicchiere di acqua fresca, per parlare…
I giovani sono attivissimi, è come se avessero sempre avuto questa energia dentro e avessero ora un modo di utilizzarla”.
Per quanto riguarda la situazione sociale e politica, riferisce l’operatrice, “C’è un po’ di tensione. Ci sono state diverse manifestazioni nelle quali la polizia e i militari hanno sparato mentre i manifestanti protestavano per le morti e per la distruzione della città”. Gli ospedali funzionanti, già al collasso per il soccorso dei feriti del 4 agosto, si sono trovati ad assistere anche i feriti degli scontri.
“Il covid, che già non era contenuto da oltre un mese, ora è fuori controllo. L’aumento dei casi è verticale – dice ancora Irene Vlad –, anche per la impossibilità di garantire il distanziamento. Le persone sono per strada, la gente è andata ai funerali delle vittime dell’esplosione, insomma il virus sta girando molto di più”.
“Noi stiamo bene e andiamo avanti – aggiunge l’operatore FCEI Simone Scotta –. Stiamo lavorando sull’emergenza medica. I corridoi umanitari sono fermi, anche a causa del covid. Stiamo fornendo medicine, inviando pazienti in strutture ospedaliere, quando è possibile. Non sempre lo è perché ci sono gli ospedali pieni, quindi siamo costretti ad aspettare, oppure proviamo a inviare le persone in altre strutture. Ci sono delle postazioni mobili di soccorso inviate a scopo umanitario da alcuni Stati, come ad esempio Qatar, Marocco, Iran, Egitto e altri, che offrono prestazioni gratuite. Se non troviamo spazio altrove, cerchiamo di indirizzare le persone che hanno bisogno anche lì”.
Continua la sottoscrizione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia per Beirut: i fondi raccolti saranno devoluti per interventi sanitari, aiuti economici a favore di famiglie in difficoltà, a sostegno di gruppi locali che distribuiscono pasti, a strutture ospedaliere.
I doni saranno raccolti sia sul conto FCEI tramite bonifico con la seguente causale “Sottoscrizione Beirut”, sia tramite Paypal con carta di credito.
Qui di seguito i dati:
BONIFICO BANCARIO
Intestatario conto: Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia – Via Firenze 38, 00184 Roma
Banca Unicredit – Via Vittorio Emanuele Orlando, 70, 00185 Roma
IBAN : IT 26 X 02008 05203 000104203419
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