Ce l’abbiamo fatta: Rahma Habchi, la giovane marocchina risucchiata nel gorgo della guerra siriana, è sbarcata stamani in Italia con la sua piccola figlia di quattro anni, Rimas. Insieme ad altri 75 profughi siriani Rahma – per la cui salvezza si erano mobilitati i lettori de la Stampa nel corso di una campagna su Twitter con l’hashtag #SaveRahma – è atterrata stamani alle sette all’aeroporto di Fiumicino con un volo in arrivo da Beirut grazie al progetto-pilota dei «corridoi umanitari». Si tratta del quinto gruppo che, da febbraio scorso, arriva in tutta sicurezza e legalmente in Italia in base all’accordo tra governo italiano (ministero degli Esteri e dell’Interno), Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei) e Tavola Valdese. Un altro gruppo, composto da 53 persone, giungerà domani facendo così salire a 400, tra cui molti bambini, il numero di migranti, per lo più siriani, arrivati finora in Italia attraverso i «corridoi umanitari» (se ne attendono un migliaio in due anni non solo dal Libano, ma anche dal Marocco e dall’Etiopia).
Come afferma il viceministro agli Esteri e alla Cooperazione Mario Giro, «siamo riusciti a far uscire dalla Siria una ragazza marocchina e sua figlia da mesi abbandonate senza aiuto. Sono uscite attraverso il Libano, e sono state inserite nei corridoi umanitari». Per Giro, «i corridoi aiutano le persone vulnerabili prese nella tormenta della guerra, abbandonate a se stesse, soprattutto donne e bambini. Questa storia lo dimostra ancora una volta. Da italiani possiamo essere orgogliosi che nella impotenza generale ci attiviamo per salvare vite».
Così come in occasione dei precedenti arrivi, i profughi – che avanzeranno tutti la richiesta di asilo – saranno ora ospitati da una rete di case e strutture di accoglienza dislocate in tutta la penisola. Dodici nuclei familiari provenienti da Homs, Damasco, Aleppo o Latakia, saranno accolti a Luserna San Giovanni (Torino), Torino, Padova e Reggello (Firenze). Rahma, la sua bimba e gli altri profughi sono stati accolti dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, e dal vice ministro dell’Interno, Filippo Bubbico; presenti in aeroporto anche Andrea Riccardi, Fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, e Susanna Pietra, direttore dell’Ufficio Otto per mille della Chiesa valdese.
La storia di Rahma e della sua bimba di quattro anni, nella foto – denunciata da suo fratello Hassan Habchi, residente in Italia da venti anni, ormai cittadino italiano e pronto ad accoglierla a casa sua – aveva davvero molto colpito i nostri lettori. Nata nel 1979 a Casablanca, in Marocco, ed emigrata per amore in Siria, Rahma aveva visto la guerra civile uccidere il marito cittadino siriano nel 2015, in uno dei tanti bombardamenti. Rimasta vedova e con una bimba di 4 anni, Rahma è rimasta intrappolata con la figlia in una guerra che non è neanche la sua nel piccolo villaggio di Al Ladiqiya, a pochi chilometri dalla capitale Damasco, dove per settimane è stata costretta a sopravvivere dormendo in strada o in qualche moschea ancora intatta. Successivamente si è spostata nella zona di Latakia, sulla costa mediterranea, dove anche qui ha vissuto per strada tra mille problemi e peripezie.
Rahma ha scampato la morte con la figlia più volte: in uno scontro in moschea con un gruppo di Alawiti armati è stata colpita alla testa, e per più di due mesi è rimasta paralizzata. Nella tragedia, c’è poi chi ha provato a lucrare. La sua bimba, Rimas, nell’incidente, è stata rapita dal gruppo insieme ad altri bambini e ragazze. Solo per miracolo, grazie ad un’infermiera che seguiva Rahma e una donna coinvolta nel sequestro, si è riusciti a liberare la piccola Rimas, destinata ad essere venduta dai sequestratori. Successivamente ha provato attraverso la frontiera turca a uscire dalla Siria; ma il suo passaporto marocchino scaduto – nonostante il passaporto siriano della figlia sia in regola – non sono stati abbastanza per i turchi per farla uscire dall’inferno. Dove anzi è stata rispedita con la figlia senza nessuna compassione.
Adesso l’avventura è finita bene. Ma per tanti altri innocenti la guerra continua.