Roma (NEV), 11 ottobre 2017 – La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “lo sguardo” proviene dal Libano, alla vigilia della partenza dell’ultimo gruppo di profughi che giungerà in Italia grazie ai corridoi umanitari promossi da FCEI, Tavola valdese e Comunità di Sant’Egidio. Con questo arrivo saranno infatti raggiunti i mille beneficiari come previsto dal protocollo sottoscritto con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri il 15 dicembre 2015.
In Siria, Nirmin si è sposata a 14 anni, obbligata dal padre, con un ragazzo notevolmente più grande. Soprusi e violenze nel privato così come davanti al resto della famiglia, accusata perché la madre della ragazza si era convertita al cristianesimo.
Dopo qualche tempo, grazie all’aiuto del padre, rinsavito sulla reale situazione che stava vivendo, Nirmin è scappata, insieme alla figlia nata quando la ragazza aveva, da pochi mesi, compiuto 16 anni. Fu proprio lo stesso padre di Nirmin ad aiutarle a fuggire in Libano, verso la madre della ragazza, per dare rifugio.
Il padre di Nirmin torna in Siria: viene fermato al checkpoint di ingresso, probabilmente perché segnalato come oppositore al regime da parte di Adnan, cosi lo chiameremo, l’ex marito di Nirmin. Questo perché quest’ultimo faceva anche questo in Siria: informatore per il regime, il padre nominato probabilmente per vendetta per avere aiutato Nirmin ad andare via da lui.
Fermato al checkpoint: da quel momento Nirmin non ha più avuto alcuna notizia del padre. Sono passati cinque anni.
Dopo tanto tempo, ecco che Adnan ritrova la ragazza qui in Libano: Nirmin costretta a nascondere la figlia, ora di 8 anni, nell’armadio, con l’uomo a sbattere i pugni sulla porta, insieme ad altre sei persone, fino all’intervento della polizia, provvidenziale, per arrestare l’uomo. Voleva prendere con sé la bambina e portarla con lui in Siria.
No, non è abbastanza, l’incubo non finisce: da quel momento quasi tutte le notti, uomini, vicini, sconosciuti vengono a sbattere la porta, fare schiamazzi davanti al piccolo appartamento dove risiedono le donne. La sorella di Nirmin lavora come coiffeur nel piccolo paese in cui abitano: da quel momento chiusa in casa, non osa più uscirne.
Ora Nirmin e la sua famiglia sono a Beirut, in un luogo sicuro, in attesa del giorno di arrivo in Italia con l’ultimo gruppo di beneficiari dei corridoi umanitari.
Le storie di donne perseguitate sono la realtà in tanti altri contesti, non solo quello libanese o siriano. I corridoi umanitari hanno, fin dall’inizio, voluto tendere la mano nei confronti di donne sole o donne con bambini senza supporto, in una società prevalentemente tradizionale, dove le donne sole sono ancora più vulnerabili. E’ il caso delle tante Yusra, Abeer, Yasmine e Nirmin, bisognose di protezione, e a cui va il nostro pensiero a pochi giorni dall’arrivo del millesimo beneficiario.