Lampedusa, Agrigento, 18 giugno 2014 – Portare l’orto a Lampedusa è una sfida. Lo è innanzitutto perché è un lavoro sociale e in quanto pratica collettiva ha bisogno di giusti tempi e spazi nei quali svilupparsi in forma partecipativa. In quest’isola ora rocciosa, come ci racconta Pasquale, una volta l’agricoltura era l’attività principale insieme alla pesca: in inverno si coltivava e in estate si pescava, c’erano allevamenti e Lampedusa, prima che venisse completamente disboscata per il commercio del carbone a fine Ottocento, era verdissima.
Oggi il verde è una presenza marginale, ma gli odori di Lampedusa svelano una vegetazione ancora viva e in grado di risorgere rigogliosa. Vedere la vastità di terre incolte lascia perciò senza parole. Queste terre rappresentano un patrimonio da condividere che potrebbe offrire all’isola nuove opportunità e vita. In questi decenni, l’economia di Lampedusa si è trasformata velocemente, dalla sussistenza agricola ed ittica si è passati alla commercializzazione del pesce per poi diventare prevalentemente turistica. Una trasformazione che ha rischiato di far dimenticare saperi, storia, e radici dell’isola. Per fare un esempio, mentre in tutta Italia il turismo si è rinvigorito con la riscoperta dei prodotti locali agricoli, ciò non è ancora avvenuto a Lampedusa proprio perché manca la materia prima, i prodotti della terra.
Il progetto “Porto l’orto a Lampedusa” dell’associazione “Terra! Onlus”, insieme a Legambiente, si pone come obiettivo proprio quello di riscoprire e recuperare l’agricoltura locale, cercando di investire sulla terra come spazio pubblico partecipativo in cui legare filiere corte e diritti, partecipazione e salvaguardia del territorio. Creare orti sociali aperti, dare l’opportunità ai cittadini lampedusani di ritornare alla terra è il punto centrale del progetto, che si sosterrà attraverso la forma del crowdfunding, cioè del finanziamento collettivo. Il ritorno alla terra oggi non deve essere interpretato come una semplice riscoperta del passato, come ci dicono i responsabili del progetto, ma come spazio di rigenerazione di welfare in una società che offre per le “figure vulnerabili” sempre meno opportunità. Maria Leduisi, responsabile del Centro diurno per i disabili psichici di Lampedusa, ci racconta come la terra sia una possibilità per costruire un percorso di integrazione sociale e dignità fra soggetti, non solo disabili psichici, ma anche giovani e cittadini che possono così ricostruire relazioni e sviluppare un profondo senso di appartenenza al territorio.
Il ritorno all’attività agricola, secondo Fabio Ciconte, coordinatore del progetto, può essere la scintilla che in tutto il paese riaccenda una riflessione condivisa rispetto all’utilizzo della terra come bene comune, come un “centro sociale a cielo aperto”. A Lampedusa, gli ortaggi e la frutta arrivano con la nave, e quando la nave non arriva per l’ostilità dei venti, gli scaffali dei negozi si svuotano rapidamente. Questi beni hanno quindi prezzi più alti che nel resto d’Italia, e spesso vengono prodotti con il sudore degli stessi migranti che in questa isola approdano come punto d’inizio del loro percorso migratorio. I migranti, una volta arrivati in Sicilia, Puglia, Calabria, finiscono facilmente nelle catene dello sfruttamento delle campagne italiane, sotto i caporali, in condizioni di vita paragonabili alla schiavitù. Rosarno, Nardò, Foggia, Saluzzo sono alcuni dei luoghi in cui i lavoratori agricoli hanno intrapreso, in questi anni, percorsi per affermare i propri diritti, e tali esperienze non vanno dimenticate quando si parla di ritorno alla terra e di agricoltura sostenibile.
Si fa strada allora l’idea di un prezzo equo per i prodotti agricoli, che tenga insieme sia i diritti di chi produce che quelli di chi consuma, all’interno di una concezione alternativa dell’economia agricola. Ancora una volta Lampedusa diventa un luogo di sperimentazione e confronto tra pratiche e progetti, uno spazio pubblico ad alto valore simbolico che lancia un messaggio che dovrebbe far riflettere. Ci sarà qualcuno in grado di ascoltare?