La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). O dalle volontarie e dai volontari che accompagnano per periodi più o meno lunghi il percorso di MH. Questa settimana “Lo sguardo” proviene dalla Casa delle Culture di Scicli ed è stato scritto dall’operatore Gerardo Filippini.
Roma (NEV), 29 settembre 2022 – Nel corso di questi otto anni di attività, la Casa delle Culture di Scicli ha ospitato e condiviso un pezzo di vita con centinaia di ragazze e ragazzi. La Casa, in questi anni, come un organismo vivente, ha assorbito storie drammatiche, storie tristi, ma anche slanci di riscatto e costruzione di nuova speranza. Con alcuni dei nostri ragazzi rimane un legame profondo che si rinnova con una telefonata, una foto condivisa sui social un semplice augurio di buon compleanno. È un legame che non si spezza e non conosce distanze, il riconoscimento più grande per noi operatori, volontari e la comunità Metodista di Scicli che ha sempre supportato il progetto, è l’affetto costante dei ragazzi per questa loro “prima casa”.
Succede così che quando la vita fuori l’accoglienza, non riserva le opportunità che immaginavano, quando i sogni s’infrangono o c’è un problema di salute, per Yusuf è stato il suo incontro con il “male oscuro”, ci si riavvicina. La sua è stata per molto tempo una bella storia da raccontare, arrivato minorenne a Casa delle Culture sembrava che le tragedie che lo avevano colpito, il periodo in Libia gli fossero scivolati addosso. Era pronto per ricominciare, alfabetizzazione di italiano, inserimento lavorativo e infine un vero e proprio contratto di lavoro. I primi soldi mandati alla famiglia, il frutto del suo lavoro, gli permettono di comprare una piccola casa nel suo Paese. Un’ integrazione voluta e sudata. Nel conto non era messo il debito contratto con la sorte, in qualche modo la vita gli chiedeva conto per averlo preservato dal trauma delle torture in Libia, di avergli permesso di non rimanere inghiottito come molti altri nel mare, di averlo sottratto ad una estrema povertà, di avergli dato una possibilità.
I fantasmi di Yusuf sono emersi e lo hanno trovato fragile, debole, i fantasmi gli sussurrano nelle orecchie, nella testa sente quelle voci insistenti ossessive. Il terrore si materializza e il corpo diventa immobile incapace di reagire. Piccoli gesti diventano ritmi continui che si ripetono mille volte.
I vicini di casa di Yusuf ci chiamano, raccontano di questo ragazzo che sta per ore davanti la porta di casa con lo sguardo perso nel vuoto. Ci attiviamo, troviamo Yusuf disteso su un materasso buttato sul pavimento, c’è sporcizia ovunque, muri ammuffiti, il triste e tipico alloggio dei braccianti, massacrati dal lavoro nei campi per cui anche il minimo sforzo diventa immane.
Convincere Yusuf a farsi aiutare non è semplice, non vuole saperne di ospedali, medicine, il solo allontanarsi da quella casa non rientra minimamente nelle sue intenzioni. Inizia una lenta opera di convincimento, alla fine Yusuf cede, lo portiamo in ospedale, il passaggio al pronto soccorso è breve, i medici consigliano il ricovero immediato volontario, l’alternativa è un trattamento sanitario obbligatorio, i medici ci chiamano per convincere Yusuf, alla fine cede e lo fa con parole in cui leggiamo il suo totale affidarsi alla “sua” famiglia di Scicli.
Yusuf viene dimesso dall’ospedale, tra poco tornerà a casa, il nostro primo pensiero che ad accoglierlo ci sia un luogo dignitoso, coinvolgiamo i “nostri” ragazzi, ospiti Casa delle Culture, il primo gruppo proveniente dalla Libia per mezzo dei Corridoi umanitari. Raccontiamo di Yusuf, della sua storia e del suo essere parte di noi, non servono molte parole, i ragazzi si fanno coinvolgere formando una piccola squadra di lavoro. Capitanati da Jamal, profugo siriano anche lui ospite di Casa delle Culture, armati di spugne, secchi, pennelli e vernice, trasformano la stanza di Yusuf in luogo dignitoso dove vivere. Si buttano i materassi e si arreda con il frutto delle donazioni. Nasce l’idea che questa squadra possa attivarsi ancora dopo questa prima esperienza, possa mettere a frutto in maniera concreta la compassione, una condivisione attiva della sofferenza degli altri. Yusuf continuerà ad aver bisogno del supporto e di vicinanza, affiancarlo perché continui le cure. Saremo con lui anche in questa fase e ci saremo fino a quando non rivedremo il suo sorriso.
Il sostegno a Yusuf è un racconto corale ma la sua vicenda ha coinvolto e coinvolge maggiormente Mauro, un nostro operatore che instancabilmente e con una sensibilità straordinaria è sempre stato al suo fianco nel cammino per combattere il male oscuro. Grazie alla sua ostinata capacità di partecipazione alla sofferenza degli ultimi, incarna lo spirito più vero di Casa delle Culture.