Le voci dei consiglieri e delle consigliere della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, di ritorno dalla Calabria, dove hanno visitato per due giorni le numerose attività del programma migranti e rifugiati delle chiese protestanti, Mediterranean Hope. A partire dall’ostello “Dambe so” e dalla filiera etica e solidale.
Roma (NEV), 31 gennaio 2023 – A un anno dall’apertura del primo ostello sociale nella Piana di Gioia Tauro, chiamato Dambe so, la “casa della dignità”, la Fcei rilancia il suo impegno per un’accoglienza dignitosa dei braccianti migranti che lavorano in agricoltura. Per questo il Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche è stato in visita a Rosarno, negli scorsi giorni.
“L’ostello sociale – spiega il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Daniele Garrone – è semplicemente una casa dignitosa e attrezzata nella quale i migranti possono abitare e fissare la loro residenza: l’alternativa più realistica ai campi container o ai ghetti malsani e umilianti nei quali molto di loro sono costretti a vivere. I migranti residenti nell’ostello – prosegue Garrone – contribuiscono alla gestione della casa, nella quale si svolgono anche programmi di integrazione e orientamento. Ora vogliamo ampliare questo esperimento ed estenderlo in altri territori – aggiunge il presidente della Fcei – nella convinzione di proporre un modello replicabile e sostenibile che cambia la qualità della vita dei migranti così come degli italiani che risiedono nello stesso territorio. Tanto più in un contesto segnato dallo sfruttamento, dagli interessi della grande distribuzione che impone i prezzi, dal lavoro nero e dalle disumane condizioni di vita dei braccianti costretti in veri e propri ghetti, talvolta costruiti con danaro pubblico, che generano degrado e alimentano il razzismo”.
Secondo il pastore metodista Peter Ciaccio “Rosarno è una metafora dell’Italia, un deserto da cui la gente se ne vuole andare. Abbiamo visto, nei giorni trascorsi nella Piana, quanto c’è da fare e quanto si può fare. Abbiamo visto le condizioni assurde in cui vivono i migranti e anche la povertà di un’agricoltura che dovrebbe invece essere ricchissima. Ma Rosarno non è un pezzo staccato dall’Italia. In modo concentrato e paradossale in questo luogo sembrano verificarsi e palesarsi tutti i problemi del nostro Paese: dalle difficoltà dei lavoratori a trovare un’abitazione, a guadagnare quello che è giusto e serve per vivere, costruire una famiglia, fino ai tanti problemi burocratici e ad un mercato che spesso non è equo ma che non è detto sia l’unico mercato possibile. I progetti di MH provano a dimostrare che è possibile un’economia altra, inserita nel modello attuale, ma sostenibile, dove tutti i soggetti possono trarre dignità dal loro lavoro”.
“Un’esperienza che mi ha arricchito – ha spiegato la consigliera luterana Maria Antonietta Caggiano -, ho visto operatori entusiasti nell’assumere il loro compito. Ci sono stati molti momenti di emozione. Sono stata colpita dalle testimonianze, persone coraggiose nel voler spezzare una determinata cultura di questo luoghi e sperano . L’accoglienza che hanno in un luogo dove si crea famiglia è una grande testimonianza della fede evangelica. Mi porto a casa grandi emozioni, mi sono commossa, specialmente dopo aver visto le tendopoli dove vivono molti giovani…Ma è una motivazione per migliorare quella situazione, fare di tutto affinché possano avere una vita migliore”.
Anche per il rappresentante dell’Esercito della Salvezza, Luca Longo, è stato “Un fine settimana abbastanza impegnativo a livello di conoscenza e di emozioni, una sfida personale, perchè ci si imbatte in una realtà – che avevo già vissuto in Sicilia, in altri campi e “ghetti” – culla della civiltà abbiamo ancora delle situazioni così tristi, di disagio sociale e condizioni di vita intollerabili. Abbiamo toccato con mano le tante realtà che collaborano. Ora quando vedrò un’arancia di Rosarno, vedrò persone, visi, vite e storie che resteranno sempre nelle mie preghiere”.
Per Libero Ciuffreda, valdese, medico: “Sono stati giorni intensi durante i quali abbiamo preso coscienz del fatto che questo progetto non vuole occuparsi di una emergenza ma di un problema strutturale di cui l’Italia e la società devono farsi carico. Le nostre chiese lo stanno facendo, con testimonianze e attività che vanno al di là del contingente. Vogliamo gridare alla politica che questo fenomeno – lo sfruttamento del lavoro – è epocale e bisogna che tutte le risorse utili vengano messe a disposizione per risolverlo, includendo coloro che sono ai margini, gli “invisibili” che garantiscono la raccolta, a Rosarno di agrumi, e in generale a noi ricchi le verdure e il cibo che mangiamo. Da aspetti che appaiono quasi semplici ne discendono ragionamenti molto complessi che devono farci riflettere su cosa vogliamo fare della nostra società e del nostro impegno come chiese evangeliche in Italia”.
Sara Comparetti, battista, ha dichiarato: “Fondamentale della nostra metodologia è lavorare in collaborazione con le persone che vivono sul territorio, perchè calare le cose dall’alto non funziona. Abbiamo avuto una esperienza straordinaria di questo, con i nostri operatori che hanno una conoscenza profondissima di questa realtà, senza di loro non avremmo potuto realizzare nulla di quanto è stato fatto. Le nostre chiese ormai da diversi anni collaborano con Sos Rosarno acquistando le arance solidali: vedere dove e come questo avviene, conoscerne la storia, mi ha colpito molto, ognuno di noi riporterà quanto compreso alle proprie comunità di origine, cercando di sviluppare questo percorso. Un modo di mettere in pratica la vicinanza che non è una forma di assistenza ma una partecipazione a un progetto, ad una visione. E poi ci sono i ghetti…Provare ad aiutare queste persone ad “uscire dal buio” è il minimo che un credente possa fare. Per noi protestanti la fede non può essere separata dall’etica: “fai il bene della città nella quale ti trovi”. E Rosarno, che è un “concentrato” delle contraddizioni dell’Italia, può anche essere un laboratorio, per aiutarci a capire che esistono delle alternative. Come è successo per i corridoi umanitari, alcuni anni fa, quando per primi scommettemmo su questo strumento, diventati oggi un modello e un esempio riconosciuti in tutta Europa e non solo”. Come, nel suo piccolo, potrebbe accadere anche all’ostello Dambe so.