Beirut, un anno dopo

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Roma (NEV), 4 agosto 2021 – di Silvia Turati – Ad un anno di distanza le ferite di Beirut sono ancora ben visibili. Sono i frammenti di vetri che tuttora si nascondono nelle case, i detriti di case distrutte, palazzi fatiscenti e non più agibili, e il trauma che ancora si percepisce sui volti delle persone quando ricordano il 4 agosto.

Un anno fa, alle 18:08 una violentissima detonazione distrugge il porto di Beirut e i quartieri vicini, uccidendo più di 200 persone, ferendone più di 6 mila e lasciandone senza casa ben 300 mila. L’unica certezza per ora emersa è che l’esplosione sia stata causata da 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio malamente stoccate nell’hangar 12 del porto di Beirut. I parenti delle vittime si sono organizzate in un comitato per chiedere giustizia, ma questa sembra essere ancora molto lontana, nel contesto di un clima politico sempre più incerto.

Dalla società civile la risposta è immediata: già il giorno seguente all’esplosione, centinaia di volontari si armano di scope e coraggio e cominciano a ripulire le strade dalla distruzione in atto. Nel quartiere di Geitawi, uno tra i più colpiti, nel cuore di Achrafiyeh, un gruppo di giovani improvvisa uno spazio di supporto emergenziale all’interno di una stazione di benzina abbandonata. Tutto comincia con la distribuzione di generi alimentari di prima necessità, donati da organizzazioni locali, per passare subito dopo alla riabilitazione delle abitazioni danneggiate. Nasce quindi Nation Station, un’organizzazione della società civile libanese che vuole sopperire, in qualche modo, alla quasi completa assenza delle autorità locali.

Mediterranean Hope, il programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, decide fin da subito di essere presente in tale contesto. All’indomani dell’esplosione lancia una sottoscrizione per Beirut, allo scopo di moltiplicare gli interventi sanitari post emergenza e di sostenere e ampliare il lavoro già avviato da Nation Station.

Grazie ai fondi raccolti, nei mesi successivi l’intervento a sostegno della popolazione locale si  intensifica con nuove iniziative, rivelatesi di fondamentale importanza anche per il gravissimo deterioramento  della situazione socio-economica e sanitaria che ha investito il Libano.

Mediterranean Hope sostiene economicamente e poi amplifica l’intervento di Nation Station grazie alla creazione di una piccola clinica nel quartiere di Geitawi, la Station Clinic, che si inserisce nel più grande progetto già attivo di Medical Hope e garantisce numerose prestazioni sanitarie e distribuzione di medicinali. Ogni settimana si alternano medici locali specialisti, psicologi, psichiatri, farmacisti e diversi volontari che aiutano nella gestione della struttura. La Station Clinic diventa quindi un punto di riferimento per la popolazione più vulnerabile della zona, che si compone di cittadini libanesi, rifugiati (in maggioranza siriani), e lavoratrici domestiche (provenienti per la maggior parte dal Corno d’Africa). Grazie ai fondi raccolti si assicura anche il pagamento di numerosi interventi chirurgici e terapie ospedaliere, dai costi sempre più inaccessibili per la popolazione locale. Inoltre, la creazione all’interno della clinica di una piccola farmacia sociale, assicura la distribuzione gratuita di medicinali sempre più cari e sempre meno reperibili in Libano.

La crisi economica, finanziaria, politica che sta scuotendo il paese ha gettato nella miseria i suoi abitanti, e si stima che più della metà della popolazione sia sotto la soglia di povertà. [1]

L’epidemia di Covid 19 e l’esplosione del 4 agosto hanno acuito la crisi già in atto. Al momento, la crisi del carburante sta mettendo a dura prova il Paese e in particolare il settore sanitario. Infatti, la mancanza di gasolio, fondamentale per poter far funzionare i generatori e garantire elettricità laddove lo Stato non arriva, sta creando enormi disagi anche all’interno degli ospedali, dove la vita di molti pazienti è messa a rischio. Oltre a ciò, la svalutazione di oltre il 90 per cento della valuta locale vede difficile l’acquisto di materiale medico-sanitario, portando al ritardo o addirittura alla cancellazione di interventi chirurgici.

Mediterranean Hope continua il suo intervento sul territorio, ora più che mai fondamentale.

[1]    https://www.unicef.org/lebanon/stories/living-edge-lebanon-more-half-population-now-below-poverty-line

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