Roma (NEV), 30 luglio 2020 – Per i braccianti il Covid non ha cambiato nulla. O meglio, dopo l’emergenza sanitaria – durante la quale nei “ghetti” nessun intervento è stato in sostanza fatto – le condizioni di vita dei migranti impiegati in agricoltura in Calabria sono le stesse di prima: pessime, da ogni punto di vista.
Nella Piana di Gioia Tauro, da un anno ormai, è operativa anche Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, per la tutela dei diritti dei migranti e la promozione di una filiera agricola etica. MH, come nelle altre sedi di Scicli, Lampedusa, Libano e Roma, promuove sempre il dialogo e la collaborazione con le altre realtà che sul territorio si occupano di questi temi.
Già da prima dell’emergenza sanitaria, a questo proposito, è nata “sul campo” la cooperazione con una delle associazioni più attive nel territorio calabrese, e non solo, in ambito sanitario, l’Ong Medu – Medici per i diritti umani.
“Insieme a Medu – spiega Francesco Piobbichi, operatore e disegnatore sociale di MH – abbiamo lavorato molto, durante la crisi del coronavirus, per distrubuire presidi sanitari come le mascherine, i termometri e beni alimentari. Collaboriamo anche nei trasporti sanitari e vorremmo progettare insieme diverse attività future. L’obiettivo comune è sempre uno: smantellare i ghetti, creare le condizioni per un lavoro e una vita dignitosi per i lavoratori immigrati che vivono nella Piana”.
Per il settimo anno consecutivo, la clinica mobile di Medu ha operato nella Piana di Gioia Tauro, durante la stagione di raccolta agrumicola, fornendo prima assistenza sanitaria e orientamento sull’accesso ai diritti fondamentali ai circa 2mila lavoratori che popolano gli insediamenti precari sparsi nei Comuni di Rosarno, San Ferdinando, Drosi (frazione del Comune di Rizziconi) e Taurianova.
Oltre all’assistenza medica e all’orientamento sanitario, Medu ha garantito un’attività sistematica di supporto socio-legale. Il team ha inoltre portato avanti un intervento di informazione, prevenzione e sorveglianza attiva per il Covid-19 dal momento che, come denuncia l’associazione, “gli insediamenti precari non sono stati raggiunti da nessuna iniziativa istituzionale di sistema per la prevenzione e il contenimento del virus”.
Lo scorso 16 luglio la Ong ha inoltre pubblicato un ampio dossier ad hoc sull’emergenza Covid, “La pandemia di Rosarno”.
“Per quanto concerne i migranti che vivono nei “ghetti” è mancata del tutto, da parte delle autorità e delle istituzioni, la tempestività nella gestione dell’emergenza sanitaria, anche per quanto riguarda il distanziamento fisico – dichiara Ilaria Zambelli, coordinatrice del Progetto Terragiusta della Ong Medu -. Sono mancate a più riprese le risposte a delle nostre precise proposte per risolvere i problemi abitativi e per trovare luoghi più salubri dove poter trasferire queste persone. La situazione nella tendopoli è sempre difficile: anche dopo il lockdown, ora che si sta svuotando, perché i lavoratori si spostano in altre regioni per raccogliere altri prodotti, mancano le tende per accogliere tutti. Infine, quello che denunciamo ormai da tempo è una gestione emergenziale di un flusso di lavoratori che è invece in realtà stagionale. I braccianti si spostano in questa zona ormai da più di dieci anni, servono e sarebbero possibili soluzioni strutturali e di lungo periodo per garantire loro diritti, salute e lavoro dignitoso”.
Il rapporto analizza due fasi, quella precedente alla comparsa del Covid-19 e quella successiva, iniziata con il provvedimento del lockdown nel mese di marzo, “mettendo in luce gli effetti della pandemia sulle già critiche condizioni di esclusione, marginalità e sfruttamento dei braccianti della Piana”.
Solo un terzo dei braccianti ha dichiarato di essere iscritto al Servizio Sanitario Nazionale e di avere un medico di medicina generale assegnato in Calabria o in altre regioni.
La gran parte delle patologie riscontrate dal team clinico di Medu, si legge nel report, “rappresentano uno specchio delle pessime condizioni igienico-sanitarie, lavorative e abitative in cui è costretta a vivere la popolazione bracciantile della Piana di Gioia Tauro: emarginazione sociale, stigmatizzazione, promiscuità abitativa, carenza di elettricità e servizi igienici, mancanza di acqua potabile e riscaldamento negli insediamenti informali, condizioni lavorative disumane, alimentazione scorretta o insufficiente. Inoltre, la crescente precarietà delle condizioni giuridiche in seguito all’entrata in vigore dei Decreti Sicurezza e gli effetti della pandemia da Coronavirus hanno avuto un impatto peggiorativo sulle condizioni di vita, di lavoro e sulla salute fisica e mentale dei lavoratori stranieri”.
I due terzi dei braccianti hanno dichiarato di essere in possesso di un contratto di lavoro ma solo uno su dieci riceve una regolare busta paga e di questi la maggior parte si vede riconosciuti i contributi per un numero di giornate molto inferiore rispetto a quelle svolte. Ed è questo, il così detto “lavoro grigio”, uno dei motivi per cui per la maggior parte dei migranti è stato impossibile accedere alle misure di sostegno predisposte dallo Stato per aiutare i lavoratori, in particolare all’indennità Covid19.
Quanto alla condizione giuridica dei braccianti di origine straniera, il 90% delle persone assistite dalla Ong era regolarmente soggiornante. Di queste, i due terzi erano richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale e altri tipi di protezione e il 25% era in fase di rinnovo o conversione della protezione umanitaria. In realtà, spiega ancora Medu, “il primo Decreto Sicurezza (ottobre 2018) ha abolito la protezione umanitaria, che negli anni passati rappresentava il titolo di soggiorno più diffuso tra i braccianti, lasciando ben poche possibilità di regolarizzazione ai molti lavoratori che, a causa delle diffuse irregolarità contrattuali subite (lavoro grigio), non possiedono i requisiti per la conversione del titolo di soggiorno in motivi di lavoro. E’ assai probabile, inoltre, che il recente provvedimento di sanatoria troverà nella Piana di Gioia un’applicazione molto limitata a causa di numerose e rilevanti criticità”.
“La Pandemia di Rosarno” – che si può leggere e scaricare a questo link – comprende anche un contributo del sociologo Marco Omizzolo che ha curato un capitolo specifico sugli effetti del Covid-19 su bracciantato e caporalato in Italia.