Beirut (NEV), 11 febbraio 2020 – di Silvia Turati –
Al compimento del suo ottavo anno, la crisi siriana e gli spostamenti dei profughi nei paesi di confine vengono definiti dalle agenzie impegnate sul territorio non più una situazione di emergenza, bensì una protracted crisis.
Di conseguenza, anche la risposta di tutte le maggiori organizzazioni internazionali coinvolte nella gestione dei rifugiati, assume strategie diverse.
Rifugiati in Libano
Il Libano, anche in questa fase, si riconferma il primo paese del mondo che ospita il maggior numero di rifugiati pro capite. Si stima che attualmente ci siano 1,5 milioni di rifugiati su un totale di 6,7 milioni di persone che hanno lasciato la Siria dal 2011.
Cambiamenti demografici
Residenza legale:
la percentuale di rifugiati siriani legali nel paese continua a diminuire. Attualmente, solo il 22% dei rifugiati adulti hanno un permesso legale di residenza, contro il 27% del 2018.
Ciò è dovuto in parte alle nuove misure adottate dal governo libanese nell’aprile 2019, che hanno portato a una maggiore difficoltà sia nel rinnovo dei documenti, sia nelle registrazioni dei nuovi arrivati. Le misure prevedevano anche che, tutti coloro che avevano fatto ingresso illegale dopo aprile 2019, erano soggetti a ordine di rimpatrio immediato. Di conseguenza, il decreto puniva anche tutti coloro che, arrivati prima di aprile 2019 in via illegale, non riuscissero a dimostrare la loro presenza sul territorio antecedente ad aprile 2019.
Si registra tuttavia un miglioramento nella registrazione legale delle nascite: attualmente, il 97% dei nuovi nati riesce ad ottenere un certificato di nascita dal medico o dall’ostetrica.
Minori
il 2,6% dei minori tra i 5 e i 17 anni svolgono attività lavorative, prevalentemente nell’agricoltura.
1 su 2 minori di età compresa tra 1 e 14 anni hanno subito varie forme di violenza fisica e 6 su 10 violenza psicologica
Matrimoni precoci:
Educazione scolastica
Iscrizione nelle scuole:
Le principali ragioni del mancato accesso all’educazione scolastica sono dovute in larga parte all’impossibilità di sostenere i costi di iscrizione, dei trasporti e dei materiali scolastici, seguite dal rifiuto di nuove iscrizioni da parte delle scuole e, in misura minore, al lavoro minorile e ai matrimoni precoci.
Shelter/Housing
Nel 2019 si registra che il 69% dei siriani vive in strutture “residenziali” (piccoli appartamenti), il 20% in strutture “non permanenti” (tende/prefabbricati) e l’11% in strutture “non residenziali” (vedi grafico sotto).
Condizioni abitative
Oltre il 57% dei rifugiati siriani in Libano vivono in alloggi che sono sovrappopolati, oppure in condizioni al di sotto dei minimi standard umanitari e/o in pericolo di crollo.
Il 32% vive in alloggi sovrappopolati, ossia in meno di 4,5 metri quadrati a persona. Gli alloggi sovrappopolati riguardano soprattutto quelli in abitazioni “non permanenti” (tende/prefabbricati) e “non residenziali”.
Affitti
Si registra che negli ultimi 12 mesi il 20% della popolazione siriana sia stata costretta a cambiare alloggio a causa della difficoltà a pagare l’affitto ( nel 40% dei casi)
Situazione sanitaria
In Libano, l’accesso alle cure sanitarie per la popolazione siriana continua a presentare forti limiti. Si ricorda che il sistema sanitario libanese è di tipo privato, pertanto le cure sono tutte a pagamento. Sebbene agenzie internazionali (Unhcr) e alcune ong abbiano sviluppato interventi in questo settore, la risposta rimane inferiore rispetto al totale fabbisogno della popolazione siriana.
Dal 2018 al 2019 la domanda di cure sanitarie primarie (ossia tutte quelle che non richiedono ospedalizzazione) per la popolazione siriana è cresciuta del 9%.
Il costo dei trattamenti (sia per le cure sanitarie primarie, sia per quelle ospedaliere) rimane la principale barriera di accesso alla sanità.
Si registra che il bisogno di cure sanitarie della popolazione residente in alloggi “non permanenti” (campi profughi o simili), sia più elevato rispetto a quello della popolazione residente in alloggi residenziali o non residenziali.
Nel grafico sotto sono riportate le principali ragioni di mancato accesso alle cure. Si evince, dunque, che dal 2018 al 2019 c’è stato un importante peggioramento nell’accesso alle cure sanitarie a causa, soprattutto, dei costi non sostenibili.
Vulnerabilità economica
In linea generale è possibile affermare che la vulnerabilità economica dei rifugiati siriani in Libano ha registrato un incremento dal 2018 al 2019. Difatti, la percentuale dei siriani che vivono con meno di 2,90$ al giorno è passata dal 51% nel 2018 al 55% nel 2019.
Il livello medio di debiti per famiglia è aumentato di 100$ negli ultimi anni, mostrando che le risorse per coprire i bisogni essenziali vengono a mancare sempre di più. 9 famiglie su 10 hanno dei debiti.
Si registra che 2019 il 73% dei rifugiati siriani viva sotto la soglia di povertà.[1]
A fronte di questa situazione, emergono alcune strategie di sopravvivenza che la popolazione rifugiata adotta per far fronte alle difficili condizioni di vita. Tali strategie possono essere suddivise in “emergency coping strategies” e “crisis coping strategies”. Le prime includono il chiedere l’elemosina, il coinvolgimento nella creazione di reddito di minori in età scolare, l’accettazione di lavori molto rischiosi, la vendita di case o di proprietà in Siria. Le seconde includono invece il ritiro da scuola dei bambini, il matrimonio di minori sotto i 18 anni, riduzione delle spese nell’educazione scolastica e nelle cure sanitarie. Come si evince dal grafico, si registra che nel 2019 le famiglie siriane abbiano utilizzato molte meno “emergency coping strategies” e molte più “crisis coping strategies”.
Rimpatri e ritorni volontari
La pressione contro i rifugiati siriani si è acuita in particolar modo a partire da aprile 2019, momento in cui il governo libanese ha preso nuovi provvedimenti che hanno reso più difficile il rinnovo dei permessi di soggiorno. Questi provvedimenti hanno anche reso impossibile la legalizzazione di tutti quei rifugiati arrivati dopo aprile 2019, prolungando così l’illegalità di numerosi di questi, compresi quelli già presenti sul territorio ma non ancora registrati.
All’interno di questo contesto, alcuni rifugiati stanno cercando di fare ritorno in Siria. Nei mesi passati si sono registrati alcuni ritorni volontari, oltre a quelli organizzati da Unhcr in collaborazione con la Sicurezza Generale (627 persone a dicembre 2019). Tuttavia questi ritorni restano molto marginali, considerando l’attuale situazione in Siria. Difatti, oltre ai combattimenti che ancora perdurano nella zona di Idlib, tutto il paese versa in una condizione economica estremamente grave. Beni di prima necessità scarseggiano e i prezzi sono saltati alle stelle. Tale crisi economica è aggravata da quella attualmente presente in Libano, essendo i due paesi stretti partner commerciali. Oltre alla crisi economica, la situazione di sicurezza generale continua a essere debole. Si continuano a registrare rapimenti, arresti arbitrari, sparizioni improvvise e commercio di organi. Le carceri continuano a essere interessati da violenza e tortura sistematiche. Le tensioni rimangono quindi alte e molta gente decide di non tornare proprio a a causa di questi fattori.
Oltre ai ritorni volontari si registrano numerose deportazioni oltre il confine siriano, soprattutto a partire da maggio 2019. Tali deportazioni interessano, nella maggior part dei casi, rifugiati siriani che risiedevano illegalmente nel paese. La maggior parte dei deportati, soprattutto uomini, vengono lasciati al confine e riconsegnati alle autorità. Una volta in Siria, i contatti con queste persone spesso vengono persi. Questo tipo di fenomeno contribuisce a peggiorare lo stato di vulnerabilità delle famiglie di quegli individui interessati dalle deportazioni: queste perdono la loro principale fonte di introiti economici in quanto sono spesso gli uomini a lavorare.
Crisi economica libanese e impatto sulla comunità siriana
A metà ottobre 2019 in Libano sono cominciati movimenti di protesta in seguito ad una grave crisi economica che si protraeva già da diversi anni, ma che si è acuita nel luglio 2019, unita a una sempre maggiore mancanza di fiducia verso tutto il sistema politico.
L’attuale crisi nel paese sta toccando innanzitutto gli strati più vulnerabili della popolazione, tra cui i rifugiati siriani. Le possibilità di lavoro si sono ridotte drasticamente, insieme anche ad una più grande difficoltà negli spostamenti e, in generale, una maggiore tensione verso la presenza siriana in Libano, spesso vista come causa primaria di molti problemi del paese (lo stesso ministro degli Esteri libanese Gebran Bassil ha affermato che “i rifugiati siriani costituiscono una delle ragioni della crisi economica in Libano”).
Le pressioni contro i rifugiati siriani si sono quindi acuite e si registra una paura diffusa tra la popolazione rifugiata che la situazione in Libano possa deteriorarsi ed esplodere in una guerra civile.
In particolare, tra le varie conseguenze della crisi economica c’è la difficoltà a ritirare denaro dalle banche. Questo ha riguardato prima di tutto i rifugiati siriani che si sono visti negare la possibilità di ritirare l’importo di “cash assistance” elargito per alcuni da Unhcr, in quanto è stata data priorità ai libanesi.
Le possibilità di lavoro per i rifugiati (fino ad ora confinate al settore agricolo, dell’edilizia e della pulizia) si sono quindi ridotte drasticamente con un conseguente aumento generale della povertà nel paese (non solo per la popolazione siriana ma anche per quella libanese[2]).
Note:
Periodo preso in analisi: aprile 2019 – gennaio 2020 – fonti UNHCR
[1] Stabilita sulla base del MEB (Minimum Expenditure Basket), che equivale al costo di prodotti alimentari e non alimentari che una famiglia rifugiata siriana in Libano necessita nell’arco di un mese.
[2] La Banca Mondiale stima infatti che nel 2020 il 40,9% della popolazione libanese sarà sotto la soglia di povertà (contro il 33% nel 2019)