Muri, frontiere e respingimenti

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di Marta Bernardini e Francesco Piobbichi Lampedusa, Agrigento (NEV), 16 settembre 2015 – In questi giorni la situazione a Lampedusa appare tranquilla. Da più di una settimana non ci sono arrivi sull’isola e il Centro di accoglienza da questa mattina è vuoto. Ci sono stati dei salvataggi nel Canale di Sicilia lunedì ma si tratta di numeri ridotti rispetto ad altri periodi. Questo momento di apparente calma, probabilmente dovuto alle condizioni del mare, potrebbe interrompersi da un giorno all’altro con nuovi arrivi, come ormai abbiamo visto accadere diverse volte. Nel frattempo le notizie che si muovono intono a noi ci continuano a raccontare di tantissimi profughi che si spostano tra confini e frontiere. E purtroppo anche di morti come accaduto ieri a largo della Turchia. L’Ungheria, mentre termina di costruire il suo muro di filo spinato, da ieri ha dispiegato forze militari per far rispettare la nuova legge che permette di arrestare e espellere quanti cercano di entrare illegalmente nel territorio, già quasi 10.000 sono stati i migranti fermati e 174 quelli arrestati al confine con la Serbia. Questo perché il flusso, soprattutto di siriani, verso la Germania non si ferma, e quest’ultima continua i controlli alle frontiere come Austria, Olanda e Slovacchia, mentre la Francia si dice pronta a istituirli al confine con l’Italia. Intanto ieri si è svolto un altro vertice a Bruxelles dal quale i paesi europei ancora una volta non escono con un accordo unanime sulle cosiddette quote di spartizione dei profughi. Il Ministro tedesco degli interni Thomas de Maizière avrebbe parlato di “modi per esercitare pressione” verso quei paesi europei che non si attengono al principio delle quote di migranti proposto dal piano Junker, facendo intendere a possibili sanzioni o tagli ai fondi UE. Sembra quindi continuare un braccio di ferro tra quei paesi che non vogliono accettare di accogliere un numero di migranti proposto dall’Unione, mentre altri continuano a farsi carico della maggiore pressione, in uno spirito tutt’altro che solidale e unitario. Quello che invece è stato deciso a Bruxelles è di proseguire la lotta agli scafisti, approvando la “fase 2” dell’operazione Eunavfor Med per cui “le navi europee hanno il via libera per fermare e controllare in acque internazionali le barche dei migranti, con l’autorità di sequestrarle e distruggerle, ma sempre con la massima attenzione a salvare le vite umane”. Difficile comprendere cosa ci sia di nuovo rispetto a quanto già avviene, le imbarcazioni dalle quali sono tratti in salvo i profughi vengono spesso già affondate, e di molte altre non si ha proprio notizia. Svolgere queste operazioni in acque internazionali potrebbe invece creare la condizione per un intervento militare in Libia, che comunque richiederebbe l’approvazione dell’Onu. Quello che può sembrare sospetto è piuttosto la possibilità di dirottare le imbarcazioni di migranti, come menzionato nel documento che spiega gli obiettivi dell’operazione: come si possono salvare vite umane da un lato e dall’altro magari rimandarle indietro, verso le coste da cui sono sfuggite a violenze e abusi? In questa direzione e sollevando dubbi analoghi è la decisione di costituire hotspot, quindi di fatto nuovi centri di identificazione ed espulsione, in alcune zone nell’Italia del sud, a partire proprio da Lampedusa. Qui dovrebbe istituirsi il più grande, fino a 500 posti, seguito da Trapani (400) e altri, come Pozzallo, Porto Empedocle, Augusta e Taranto con 300 posti. Questo sembra essere un passo indietro in termini di accoglienza, in quanto i migranti sarebbero identificati indipendentemente dalla loro volontà di rimanere in Italia e per quanti non fosse concesso lo status di rifugiato è previsto il rimpatrio a spese dell’Unione Europea. Questa decisione sembra cercare di rispondere alla richiesta dell’Unione di identificare i migranti come condizione necessaria per poterli ricollocare in altri paesi del nord Europa. In questo quadro Lampedusa potrebbe tornare ad essere un luogo con grande concentrazione di persone, chiuse in un centro nel quale dovrebbero stare pochi giorni con il sospetto che le solite lungaggini burocratiche obblighino a una permanenza maggiore, in una situazione anche di rischio di rimpatrio. Come scrive l’attento analista Fulvio Vassallo Paleologo “Di fatto la Merkel ed i suoi colleghi europei hanno posto all’Italia una condizione impossibile da adempiere nel breve periodo, un modo per evitare di accettare trasferimenti di quote di richiedenti asilo, già presenti nel nostro paese, verso la Germania o altri paesi europei.” Questo vertice di Bruxelles non sembra aver quindi concluso niente di nuovo, se non il preannunciato evolversi dell’operazione Eunavfor Med e l’istituzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione dal nome apparentemente meno sgradevole. La direzione sembra essere sempre quella di rafforzare le frontiere e i respingimenti invece che proporre vie legali di arrivo in Europa. Sembra che si scelgano politiche di contrasto al traffico di esseri umani di tipo militare ed espulsivo quando invece la strada migliore sarebbe quella dei corridoi umanitari.

MH
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