Mare e cielo, la memoria come denuncia del presente

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di Marta Bernardini e Francesco Piobbichi Lampedusa, Agrigento (NEV), 30 settembre 2015 – Giorni fa il collettivo Askavusa ha organizzato nell’isola di Lampedusa un concerto molto suggestivo che si è tenuto in un luogo magico, presso dei cerchi di pietra risalenti al periodo neolitico. Si, perché quasi 8 mila anni fa questo scoglio in mezzo al Mar Mediterraneo era già abitato da popolazioni che utilizzavano le pietre come se fossero un calendario per capire quando piantare il grano o semplicemente come luogo spirituale, così come oggi, luogo spirituale, è il Santuario della Madonna di Porto Salvo. Spazio che testimonia un’antica pratica di convivenza interreligiosa nel Mediterraneo, dove si riunivano per pregare sia cristiani che musulmani. In questo luogo il prossimo 3 ottobre si terrà una cerimonia interreligiosa per ricordare le vittime della tragedia in mare del 2013 dove morirono 368 persone davanti le coste di Lampedusa, e per ricordare tutte le altre vittime delle frontiere. Il titolo della cerimonia, dove interverranno personalità religiose di diverse fedi, è “Memoria tra mare e cielo”.   E’ difficile pensare una giornata per ricordare le vittime di una tragedia nel mentre, nello stesso mare, reso assassino dalle leggi degli uomini, gli innocenti continuano a morire. Più di 2500 nel 2015. Lo è ancora di più perché molto probabilmente mentre ricorderemo, proprio sull’isola, centinaia di persone saranno chiuse in un Centro di accoglienza che è già diventato Hotspot, dal quale le persone non possono uscire, e dopo essere state identificate sapranno se saranno accolte come profughi e richiedenti asilo o invece rispedite indietro com’è successo ad una ventina di ragazze nigeriane qualche settimana fa. Noi, queste ragazze le abbiamo viste sbarcare sul molo, erano giovanissime e molto probabilmente erano tutte vittime di tratta. Ci vergogniamo molto e non ci sentiamo a posto con la nostra coscienza per avergli detto “Welcome in Italy”, e poi il nostro paese le ha riportate nelle strade di chi le ha inserite nel mercato della prostituzione e della violenza. Ricordare si deve, ma il ricordo non può fermare la nostra denuncia del presente, quello che avviene in questo mare e in tutte le frontiere,  e quindi le enormi responsabilità di un Occidente che ha di fatto recintato il Sud del mondo dopo averlo impoverito per secoli. Per la prima volta nella storia dell’uomo moderno una parte di umanità ha trovato il modo di mettersi in cammino, uno spostamento per numero e consistenza senza precedenti. Questo movimento è il risultato di più fattori, dalla facilità dei trasporti all’effetto delle guerre, ma è un movimento epocale con il quale la storia farà i conti. Ad ora, le risposte dei paesi ricchi sono ancora quelle che hanno provocato danni e costi sociali enormi. Muri e filo spinato si alzano ovunque e i numeri di accoglienza che prevede l’Europa sono irrisori rispetto a tutto questo. Tutto ciò mentre i Governi si rimpallano queste persone come se fossero pacchi, contrattando sul piano geopolitico il proprio spazio. C’è invece la necessità di aprire subito corridoi umanitari per evitare il continuo stillicidio di vite. Non è quindi soltanto una questione di memoria, il 3 ottobre è una data che parla di un presente in corso, di una tragedia in atto che deve essere fermata.

MH
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