Di Marta Bernardini e Francesco Piobbichi Lampedusa, Agrigento (NEV), 4 febbraio 2015 – Non parliamo di prostituzione, ma di schiavitù e sfruttamento. Questa è la prima cosa da ricordare quando riflettiamo sulla condizione delle donne vittime della tratta. Osservando il fenomeno migratorio e la composizione degli arrivi si può immediatamente notare che la maggior parte delle persone sono uomini, generalmente giovani, ma soprattutto uomini. C’è però una presenza che non passa inosservata, quella di molte donne, spesso giovanissime, in stato di gravidanza o già accompagnate dai loro figli. La situazione delle donne che scappano da diversi paesi per raggiungere l’Europa è molto particolare. Sappiamo con certezza, dalle molteplici testimonianze raccolte nel tempo, che la maggioranza ha subìto ogni tipo di abuso, prima di tutto sessuale, da parte dei numerosi trafficanti nei quali si sono imbattute e dei quali, frequentemente, rimangono incinta. Ma non solo. Molte donne riescono a raggiungere l’Europa perché inserite in uno specifico traffico di esseri umani, quello della tratta e dello sfruttamento sessuale. Prime tra tutte sono le donne nigeriane, più di 1200 sono arrivate in Italia via mare nel 2014 secondo un rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Un’interessante indagine di qualche settimana fa condotta da Al Jazeera riporta che circa l’80% delle donne nigeriane che arriva in Italia è già destinata alla tratta e allo sfruttamento sessuale (
http://www.aljazeera.com/indepth/features/2015/01/nigerian-women-caught-italy-sex-trade-trap-201511810556919742.html). Una donna su tre a Benin City, in Nigeria, viene avvicinata da trafficanti locali che promettono un’opportunità di lavoro o studio in Europa e vengono così allontanate dalle loro famiglie immaginandosi di andare incontro ad un futuro migliore. Molte volte sono gli stessi familiari che si accordano con queste persone, generalmente figure molto stimate dalla famiglia, alle quali affidano la giovane donna per intraprendere il lungo viaggio verso l’Europa. A raccontarci queste cose è Graziella Scalzo, coordinatrice dell’associazione Pellegrino della Terra con sede a Palermo, che in Sicilia si occupa di aiutare le donne vittime della schiavitù (
http://www.pellegrinodellaterra.it/). “Chiaramente questo viaggio ha un costo che, da quello che ci viene raccontato, si aggira intorno ai 60.000-70.000 euro – spiega Graziella Salzo -. È un debito che viene stabilito e che paradossalmente assume proprio le sembianze di un contratto legale controfirmato davanti ad un avvocato. È quindi un contratto che riguarda la singola ragazza ma anche tutta la famiglia”. Si può quindi comprendere quanto questo traffico sia ben strutturato e consolidato con pratiche fortemente vincolanti per le donne che vi finiscono. Ma purtroppo il livello di coercizione non finisce qui. “Un altro vincolo che si crea – prosegue la coordinatrice del Pellegrino della Terra – ha anche maggiori ripercussioni sulla qualità di vita di queste donne, ed è il rito voodoo a cui vengono sottoposte prima della partenza, che è una protezione spirituale. Il voodoo è considerata una delle religioni ufficiali in Nigeria, quindi immaginiamo la valenza che ha per ciascuna di queste donne. Questo vincolo spirituale diventa una prigionia in una seconda fase, perché alle donne che cercano a un certo punto di ribellarsi a chi le ha ridotte in condizioni di schiavitù vengono poi avanzate delle minacce sulla propria persona. Ma quello che è ancora più difficilmente tollerabile è quando queste minacce vengono rivolte ai propri familiari”. Questa è solo la fase di iniziazione al lungo percorso che queste donne stanno per intraprendere. Scalzo prosegue nel racconto: “Il viaggio stesso è un’esperienza mortificante, devastante, dove le donne vengono sottoposte a dei maltrattamenti e a delle violenze fisiche. In alcune situazioni sono saltate fuori delle maternità da queste violenze. Donne da ammirare perché hanno portato avanti la loro gravidanza, però con la difficoltà di avere costituito un nucleo mono parentale, che spesso rimane tale per la paura di costituire nuovi legami”. Una volta arrivate in Italia, o nel paese di destinazione, le donne vengono consegnate, sempre attraverso organizzazioni criminali, a delle madame che si occupano del loro sfruttamento. La madame è una donna generalmente più adulta, considerata una figura di riferimento e protezione, ma che in realtà è solo un’altra pedina all’interno del fenomeno della tratta. Inizia così la condizione di vera e propria schiavitù di queste donne, in uno stato di grande isolamento e marginalità. La tratta appare quindi come un fenomeno fortemente organizzato e solido, non presente solo in quei paesi ad alta instabilità politica dove la mancanza di leggi permette a trafficanti e sfruttatori di portare avanti il loro business, ma anche perfettamente collegato con i paesi europei. Moltissime donne in Italia vivono attualmente in condizioni di schiavitù, e anche se associazioni come il Pellegrino della Terra offrono un aiuto concreto per combattere questo fenomeno, uscire dal circuito della tratta è un processo lungo e faticoso e spesso la stessa legge italiana non garantisce una sufficiente protezione. Graziella Scalzo conclude: “da donna vivo con mortificazione ogni volta che mi viene raccontata la lunga sofferenza a cui queste donne sono sottoposte. Sono condizioni di vita inaccettabili, una condizione di schiavitù che non dovrebbe più appartenere alla nostra storia attuale, che speravo facesse parte del passato ma si riattualizza quotidianamente. Ogni donna che varca la soglia del Pellegrino della Terra conferma che purtroppo la schiavitù ancora esiste”. (Per vedere l’intervista
https://www.youtube.com/watch?v=-OOqXdN4xKI)